Il mio diario... o meglio, ciò che mi passerà per la testa di scrivere delle mie giornate, di quello che faccio. Non so quanto diario sarà, nel senso che sicuramente non lo farò tutti i giorni. Cercherò di essere il meno ripetitivo possibile, anche se mi sarà difficile perché più o meno faccio sempre le stesse cose. Vivo in un mondo tutto mio. Potrei dire che la mia vita trascorre nel mondo delle fiabe. Grazie e siate positive/i...
mercoledì 31 marzo 2010
ULTIMI GIORNI DI SCI
Ecco, domani torno a sciare e, sinceramente, non scoppio dalla voglia. Ero quasi abituato a non sciare ormai. Occuparmi dei miei lavoretti a casa, stare coi miei amori e fare qualche corsa. Lo scorso fine settimana è stata qui Claudia. Era la donna del Grande Daniele Chiappa. Ci siamo divertiti molto insieme ed abbiamo anche corso. Forse piu' avanti andremo a fare una mezza maratona insieme. Ne abbiamo parlato ma vedremo...
lunedì 29 marzo 2010
giovedì 25 marzo 2010
ULTIMA PUNTATA
Che bello alzarsi al mattino e non avere nessuno attorno di malumore. E' buio solo per pochi minuti quando scendiamo il primo tratto sul ghiacciaio. Poi uno spettacolo magnifico su quella grande distesa che e' il pian di neve. Non parliamo molto se non per dire le solite stupidate di noi maestri di sci. Marino si e' ripreso bene e va' come un missile... Forse gli ha fatto bene il vino di ieri sera. La nostra idea era di fare la discesa del Pisgana ma prima vogliamo andare in cima all'Adamello. Bellissimo ed un panorama mozzafiato tutto attorno. Poi scendiamo e risaliamo al Passo Venezia dove pero', inaspettatamente non troviamo nessuna gondola. Mah, forse non e' il giorno di riposo. Poi la lunga discesa verso valle. La neve non e' stupenda ma non ci posiamo lamentare e riusciamo a divertirci. Verso la fine combino il mio pasticcio ma poi prosegue tutto bene fino a Ponte di Legna. Birre e panini sul viaggio di ritorno a casa.
LA PARTENZA
AL RIFUGIOE così raggiungiamo il Passo dl Tonale. La giornata non e' bella ma per andare solo fino alla Lobbia Alta... Al termine delle ancore saliamo pochi metri al passo ed iniziamo la discesa. Ci sono 5 centimetri di neve caduti nella notte e si scia bene. Pochi minuti di discesa e la neve fa proprio schifo. Bagnata fradicia e si affonda moltissimo. Simone continua a dire che dobbiamo stare piu' a sinistra. La nebbia non ci permette di vedere dove stiamo andando. A farla breve traversiamo verso destra finche' raggiungiamo il rifugio Mandrone. Sosta... vietati gli alcoolici! Solo Coca Cola. Poi mettiamo le peli di foca e su alla Lobbia Alta. Marino arriva un po' dopo perche' ha avuto una crisi e gli è apparso qualche santo, o forse per il peso delle bottiglie di vino che aveva nello zaino. Quando siamo tutti insieme si comincia con una bottiglia di vino bianco, poi un'altra... Io quella roba non la porto molto bene e poco dopo ho seri problemi di equilibrio. Il cielo si sta schiarendo. Passiamo una bellissima serata e poco dopo le 9 andiamo a fare la nanna. Domattina sveglia alle 4.30 e speriamo che il tempo sia bello.
mercoledì 24 marzo 2010
CIMA ADAMELLO
da sinistra:
SIMONE
MARINO
DAVIDE
THOMAS
Che due belle giornate ho passato. Erano stati due miei colleghi a chiedermi se andavo con loro. La mia risposta era stata negativa. L'altro ieri sera Marino e Thomas sono venuti da me per chiedermi in prestito un paio di cose. Poi mi hanno anche convinto di andare con loro. Ieri mattina ci siamo trovati verso le 10. Oltre a loro c'erano anche Davide, il genovese ed a volte Maestro nella nostra scuola e Simone, detto anche Tortellino per avere come negozietto che si chiama "La Casa del Tortellino".
Che due belle giornate ho passato. Erano stati due miei colleghi a chiedermi se andavo con loro. La mia risposta era stata negativa. L'altro ieri sera Marino e Thomas sono venuti da me per chiedermi in prestito un paio di cose. Poi mi hanno anche convinto di andare con loro. Ieri mattina ci siamo trovati verso le 10. Oltre a loro c'erano anche Davide, il genovese ed a volte Maestro nella nostra scuola e Simone, detto anche Tortellino per avere come negozietto che si chiama "La Casa del Tortellino".
da domani le altre puntate
domenica 21 marzo 2010
LA PRIMAVERA
E così e' arrivata anche la primavera. La giornata non e' stata bellissima ma e' andata molto bene. Stamattina il mio giretto con le pelli, poi sci e presto a casa. Tutto il pomeriggio sono stato nel bosco dove ho iniziato a fare un po' di pulizia. Ne ho molto da fare ma un po' alla vota... Oggi ho visto al TG gli alberi in fiore in Sicilia. Per vederli da noi passera' ancora molto tempo anche perche' il terreno e' ancora abbastanza ghiacciato. Il prato e' pieno di bucaneve e nel bosco ci sono i primi fiorellini. Questo fiore dovrebbero essere l'Hepatica Nobilis, della famiglia delle Ranuncolacee.
giovedì 18 marzo 2010
IL MIO LIBRO
Buon giorno, siccome ogni tanto qualcuno mi chiede di un mio libro vorrei dirvi che e' praticamente pronto ma mi hanno garantito che ormai uscira' il prossimo anno. Forse pero', se riesco, entro l'anno vorrei uscire con un libricino di fiabe e uno che creera' un po' di casino. Vedremo! Grazie a tutti, ermanno
martedì 16 marzo 2010
LA TORRE DEL VENTO
Giovedì sera e' stato presentato il nuovo libro della prima salita al Cerro Torre del 1974 dei Ragni di Lecco. Il libro e' una ristampa aggiornata del vecchio libro Cerro Torre: parete ovest. Lo scorso autunno, quando ero in Patagonia mi e' stato chiesto di scrivere l'introduzione al libro. Andrea Gaddi ha insistito molto affinche' lo facessi e per il Casimiro ho accettato.
Sono ancora qui, nella mia Patagonia, per cercare di amare ancora la montagna che tanto amo e che, come sempre, fa la “difficile”, ammantandosi di tempesta. Come sempre devo aspettare. In questo momento mi trovo seduto ad un tavolo, con un computer di fronte ed il cattivo tempo tutto intorno a me. Medito sul grande impegno che ho, forse un po’ impulsivamente, accettato. Parlare della salita dei Ragni di Lecco sul Cerro Torre e, quindi, parlare di quel Casimiro Ferrari che ho incontrato qui tanti anni fa e con il quale, mi rendo conto forse solo ora, condivido molte cose.
I ricordi e le immagini si accavallano. Rivivo momenti che credevo dimenticati e lascio che la mia mente si perda, aiutata dalla luce soffusa e dal rumore del vento, finche'… “Ma dai Ermanno, lascia perdere. Cosa vuoi dire di me? Che sono un po’ suonato? Che sono un po’ strano? Che sono diverso dagli altri? Lo sai, sono sempre stato un po’ così… da molto prima che ci conoscessimo in questi postacci”.
Mi raddrizzo sulla sedia con un sobbalzo. Mi verrebbe da voltarmi di scatto, per vedere da dove proviene questa voce che conosco bene. In qualche modo, non mi sorprenderebbe vedere la sua figura minuta, ossuta e tagliente, stagliata contro le grandi finestre. Ma riprendo subito il controllo. Il Miro non c’e' piu', lo so bene, non è più qui da tanto tempo ormai. Dev’essere stato semplicemente uno scherzo della mia mente. I ricordi si mescolano alle tante sensazioni speciali di questa Patagonia che entrambi abbiamo tanto amato e dove mi trovo immerso ancora una volta.
O forse no. Forse quella voce l’ho sentita davvero. Quella voce ha attraversato il tempo, lo spazio e le dimensioni dell’esistenza, ed e' tornata a risuonare a “casa del Miro”. Siì, perche' si dice che la casa e' dove si ha il cuore. Sento di nuovo quella voce, mezza in dialetto, che dice: “Sai Ermanno, amo la terra e le montagne dove sono nato, pero' qui…”. Il suo cuore era qui, in Patagonia. Io lo capivo perfettamente, perche' non c’e' bisogno di tante parole per esprimere un sentimento forte.
Ricordo la sua estancia, non lontana da dove mi trovo in questo momento, dove ospitava le persone senza mai curarsi dei soldi e di quello che ne avrebbe ricavato. Casimiro Ferrari era così: un uomo semplice ed essenziale. Non cercava di fare chissà che cosa, cercava semplicemente di fare quello che nella vita gli piaceva. Forse proprio questa essenzialità, questa semplicità estrema, a volte lo mettevano in contrasto con le altre persone. Un uomo duro, crudo, selvaggio: ecco come molti lo ricordano.
A me piace paragonarlo al dottor Powell, impersonato magistralmente da Anthony Hopkins nel film “Instinct”. Un altro uno duro, crudo, selvaggio. Un uomo a suo agio in un mondo diverso, difficile, che amava e dove era accettato. Il dottor Powell viveva in mezzo ai grandi gorilla di montagna, il Miro viveva in mezzo alle sue montagne. Entrambe, al di fuori del loro mondo, parlavano poco, apparivano scontrosi e potevano perfino ferire.
E come si fa a non pensare a quell’uomo senza pensare alle grandi pareti? Ma non voglio fare un freddo elenco. Forse e' meglio che parli solo del suo grande Amore: il Cerro Torre e la sua parete ovest.
Certo che bisogna avere proprio una grande passione per quella montagna per passare ciò che lui ed i suoi compagni hanno vissuto su quella parete e tutto quello che e' stato anche il suo, per modo di dire, “arrivarcisi sotto”. L’epico tentativo del grande Bonatti, col Mauri e grazie all’aiuto di Folco Doro Altan. Poi i successivi tentativi fino al grande successo del ’74. Era un trascinatore il Miro, a volte controverso, ma sempre deciso. E quella sua determinazione aiutava anche gli altri a stringere i denti. Fu una grande salita.
Tutti quei Ragni che l’hanno alternato al comando, hanno fatto si che quel sogno, la ovest del Torre, divenisse realtà.
Ogni salita bisogna guardarla ai suoi tempi e non possiamo paragonare quello che oggigiorno possiamo fare sulla stessa parete a quella effettuata, invece, 35 anni fa.
L’unico paragone che possiamo permetterci e' che le fatiche di oggi non sono niente in confronto a quei tempi. Sicuramente se gia' allora ci fosse stata l’attuale tecnica ed attrezzatura, anche per i Ragni sarebbe stata una salita a cui dare meno importanza. Ma, a quel tempo, quanto hanno dovuto stringere i denti? Forse non ce ne possiamo rendere nemmeno conto. Adesso il Torre lo si guarda come una bella montagna ma allora incuteva molta più paura che fascino.
Si diceva che Casimiro Ferrari fosse di carattere chiuso, ma certamente, per chi era disposto ad ascoltarlo, sapeva trasmettere, esprimere e comunicare un sacco di cose. Tutti noi, guardandoci dentro, abbiamo i nostri problemi. A volte sono proprio questi problemi che ci portano a ferire gli altri.
Ma il suo non era un problema. Forse, a volte, per gli altri si. Ma lui non aveva certo l’intenzione di fare male a nessuno. Lui amava il suo mondo e lo difendeva strenuamente – nessuno avrebbe potuto portarglielo via! Non e' sempre facile da capire: se non ami i gorilla, non puoi capire chi li ama. Non puoi capire l’amore per una donna se non ne hai amata alcuna. Non puoi capire l’amore per le montagne se non le hai mai amate. Non puoi capire l’amore per la Patagonia se non l’hai mai amata. E se non puoi capire, soprattutto non bisognerebbe giudicare.
Casimiro, quello vero, era colui che si apriva ai pochi che sapevano comprendere ed accettare la sua passione. Aveva tantissimo da dare e tanto da insegnare. Basterebbe per esempio il modo con cui ha affrontato per tanti anni la malattia che, infine, lo avrebbe portato via.
Mentre il vento continua ad urlare, lo sento, sento proprio la sua presenza, qui, dietro le mie spalle.
Minuto, ossuto, “cabeza dura” (come si dice da queste parti): lui era come una montagna, forse proprio una montagna. Forse come il Cerro Torre: tutto a spigoli, ma arrotondati. A pensarci bene, era forse ancor più ruvido, più tagliente, ma era anche uno che se lo conosci si lascia salire… proprio come il Cerro Torre.
Patagonia - Novembre 2009
INTRODUZIONE
Il vento continua a gridare la sua rabbia, la pioggia batte a scrosci sul tetto e' sulle pareti della casa. Non e' un picchiettare, ma e' come se qualcuno gettasse dall’alto delle enormi secchiate, che poi il forte vento disperde in grosse gocce, facendo quasi un rumore di mitraglia. Dalle finestre alle mie spalle entra una luce bianca, che crea nella stanza dove mi trovo, un’atmosfera quasi irreale.Sono ancora qui, nella mia Patagonia, per cercare di amare ancora la montagna che tanto amo e che, come sempre, fa la “difficile”, ammantandosi di tempesta. Come sempre devo aspettare. In questo momento mi trovo seduto ad un tavolo, con un computer di fronte ed il cattivo tempo tutto intorno a me. Medito sul grande impegno che ho, forse un po’ impulsivamente, accettato. Parlare della salita dei Ragni di Lecco sul Cerro Torre e, quindi, parlare di quel Casimiro Ferrari che ho incontrato qui tanti anni fa e con il quale, mi rendo conto forse solo ora, condivido molte cose.
I ricordi e le immagini si accavallano. Rivivo momenti che credevo dimenticati e lascio che la mia mente si perda, aiutata dalla luce soffusa e dal rumore del vento, finche'… “Ma dai Ermanno, lascia perdere. Cosa vuoi dire di me? Che sono un po’ suonato? Che sono un po’ strano? Che sono diverso dagli altri? Lo sai, sono sempre stato un po’ così… da molto prima che ci conoscessimo in questi postacci”.
Mi raddrizzo sulla sedia con un sobbalzo. Mi verrebbe da voltarmi di scatto, per vedere da dove proviene questa voce che conosco bene. In qualche modo, non mi sorprenderebbe vedere la sua figura minuta, ossuta e tagliente, stagliata contro le grandi finestre. Ma riprendo subito il controllo. Il Miro non c’e' piu', lo so bene, non è più qui da tanto tempo ormai. Dev’essere stato semplicemente uno scherzo della mia mente. I ricordi si mescolano alle tante sensazioni speciali di questa Patagonia che entrambi abbiamo tanto amato e dove mi trovo immerso ancora una volta.
O forse no. Forse quella voce l’ho sentita davvero. Quella voce ha attraversato il tempo, lo spazio e le dimensioni dell’esistenza, ed e' tornata a risuonare a “casa del Miro”. Siì, perche' si dice che la casa e' dove si ha il cuore. Sento di nuovo quella voce, mezza in dialetto, che dice: “Sai Ermanno, amo la terra e le montagne dove sono nato, pero' qui…”. Il suo cuore era qui, in Patagonia. Io lo capivo perfettamente, perche' non c’e' bisogno di tante parole per esprimere un sentimento forte.
Ricordo la sua estancia, non lontana da dove mi trovo in questo momento, dove ospitava le persone senza mai curarsi dei soldi e di quello che ne avrebbe ricavato. Casimiro Ferrari era così: un uomo semplice ed essenziale. Non cercava di fare chissà che cosa, cercava semplicemente di fare quello che nella vita gli piaceva. Forse proprio questa essenzialità, questa semplicità estrema, a volte lo mettevano in contrasto con le altre persone. Un uomo duro, crudo, selvaggio: ecco come molti lo ricordano.
A me piace paragonarlo al dottor Powell, impersonato magistralmente da Anthony Hopkins nel film “Instinct”. Un altro uno duro, crudo, selvaggio. Un uomo a suo agio in un mondo diverso, difficile, che amava e dove era accettato. Il dottor Powell viveva in mezzo ai grandi gorilla di montagna, il Miro viveva in mezzo alle sue montagne. Entrambe, al di fuori del loro mondo, parlavano poco, apparivano scontrosi e potevano perfino ferire.
E come si fa a non pensare a quell’uomo senza pensare alle grandi pareti? Ma non voglio fare un freddo elenco. Forse e' meglio che parli solo del suo grande Amore: il Cerro Torre e la sua parete ovest.
Certo che bisogna avere proprio una grande passione per quella montagna per passare ciò che lui ed i suoi compagni hanno vissuto su quella parete e tutto quello che e' stato anche il suo, per modo di dire, “arrivarcisi sotto”. L’epico tentativo del grande Bonatti, col Mauri e grazie all’aiuto di Folco Doro Altan. Poi i successivi tentativi fino al grande successo del ’74. Era un trascinatore il Miro, a volte controverso, ma sempre deciso. E quella sua determinazione aiutava anche gli altri a stringere i denti. Fu una grande salita.
Tutti quei Ragni che l’hanno alternato al comando, hanno fatto si che quel sogno, la ovest del Torre, divenisse realtà.
Ogni salita bisogna guardarla ai suoi tempi e non possiamo paragonare quello che oggigiorno possiamo fare sulla stessa parete a quella effettuata, invece, 35 anni fa.
L’unico paragone che possiamo permetterci e' che le fatiche di oggi non sono niente in confronto a quei tempi. Sicuramente se gia' allora ci fosse stata l’attuale tecnica ed attrezzatura, anche per i Ragni sarebbe stata una salita a cui dare meno importanza. Ma, a quel tempo, quanto hanno dovuto stringere i denti? Forse non ce ne possiamo rendere nemmeno conto. Adesso il Torre lo si guarda come una bella montagna ma allora incuteva molta più paura che fascino.
Si diceva che Casimiro Ferrari fosse di carattere chiuso, ma certamente, per chi era disposto ad ascoltarlo, sapeva trasmettere, esprimere e comunicare un sacco di cose. Tutti noi, guardandoci dentro, abbiamo i nostri problemi. A volte sono proprio questi problemi che ci portano a ferire gli altri.
Ma il suo non era un problema. Forse, a volte, per gli altri si. Ma lui non aveva certo l’intenzione di fare male a nessuno. Lui amava il suo mondo e lo difendeva strenuamente – nessuno avrebbe potuto portarglielo via! Non e' sempre facile da capire: se non ami i gorilla, non puoi capire chi li ama. Non puoi capire l’amore per una donna se non ne hai amata alcuna. Non puoi capire l’amore per le montagne se non le hai mai amate. Non puoi capire l’amore per la Patagonia se non l’hai mai amata. E se non puoi capire, soprattutto non bisognerebbe giudicare.
Casimiro, quello vero, era colui che si apriva ai pochi che sapevano comprendere ed accettare la sua passione. Aveva tantissimo da dare e tanto da insegnare. Basterebbe per esempio il modo con cui ha affrontato per tanti anni la malattia che, infine, lo avrebbe portato via.
Mentre il vento continua ad urlare, lo sento, sento proprio la sua presenza, qui, dietro le mie spalle.
Minuto, ossuto, “cabeza dura” (come si dice da queste parti): lui era come una montagna, forse proprio una montagna. Forse come il Cerro Torre: tutto a spigoli, ma arrotondati. A pensarci bene, era forse ancor più ruvido, più tagliente, ma era anche uno che se lo conosci si lascia salire… proprio come il Cerro Torre.
Patagonia - Novembre 2009
domenica 14 marzo 2010
UN PO' DI TUTTO
ERICA E CLAUDIA
IL GRANDE GRUPPO
LE SUPERNANEROTTOLE
I BUCANEVEEcco, un'altra settimana se ne e' andata e finalmente sta arrivando la primavera ed i primi fiorellini anche se c'e' ancora abbastanza ghiaccio sul prato. Da un paio di giorni fa caldo. Se ne sono andati anche i grandi che avevo questa settimana. Forse tecnicamente non erano bravissimi ma si impegnavano molto ed erano anche molto simpatici e gentili. E questo non e' male coi tempi che corrono. Anche il gruppo di ragazze di Castel San Giovanni che avevo non era male. Tutte femmine e supernanerottole. Abbiamo riso molto insieme. Anche le due sorelline tanto carine, Erica e Claudia, sono tornate a Pisa a studiare. Oggi ho finito presto e sono andato a farmi un giretto con le pelli. Bellissimo!!!
IL GRANDE GRUPPO
LE SUPERNANEROTTOLE
I BUCANEVEEcco, un'altra settimana se ne e' andata e finalmente sta arrivando la primavera ed i primi fiorellini anche se c'e' ancora abbastanza ghiaccio sul prato. Da un paio di giorni fa caldo. Se ne sono andati anche i grandi che avevo questa settimana. Forse tecnicamente non erano bravissimi ma si impegnavano molto ed erano anche molto simpatici e gentili. E questo non e' male coi tempi che corrono. Anche il gruppo di ragazze di Castel San Giovanni che avevo non era male. Tutte femmine e supernanerottole. Abbiamo riso molto insieme. Anche le due sorelline tanto carine, Erica e Claudia, sono tornate a Pisa a studiare. Oggi ho finito presto e sono andato a farmi un giretto con le pelli. Bellissimo!!!
giovedì 4 marzo 2010
I NANEROTTOLI
Un'altra settimana sta finendo ed altri piccoli torneranno a casa. I miei nanerottoli. Disastri umani sono Elena e Ludovico che vogliono essere sempre davanti a tutti ed a volte mi partono come i missili. Giulio ha i capelli rossi come sua sorellina Elena e fa di quelle cadute... Francesco mi e' stato donato da un altro gruppo e poi non mi ha piu' lasciato. Chiara e Lucia sono due piccole galline che non dicono mai niente ma ridono come le matte e vestono sempre del mio colore preferito, il rosa. Benedetta credo sia molto carina ma in questi giorni piu' che la punta del naso non ho mai visto. Victoria con quella sua gamba sinistra che non vuol piegare mi sembra la sorella di Gambadilegno.
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