venerdì 26 settembre 2008

UNA FINE FELICE



Ore 13.50
Sono davanti al computer e sento un piccolo tonfo. Apro la finestra e giu', sul porfido, vedo un uccellino in piedi. Il piccolino ha sbattuto contro il vetro. Lo vedo barcollare e cadere di lato. Scendo subito e lo raccolgo. La sua testina e' appoggiata sul mio palmo. Poco dopo si riprende ma non se ne va'. Lo appoggio  terra e si muove. Poi ancora sulla mano e mi vola in testa. Poi sulla grata della finestra. Poi ancora un po' nella mia mano, sul tetto e poi via. Bellissimo vedere che se ne e' andato con le sue ali. (svelato il mistero della marca dell'uccelino. Si tratta della Cincia. Il modello non si sa, forse quello base, forse Allegra, e chi se ne frega... la cosa importante che sia volata)

mercoledì 24 settembre 2008

LA POVERA CORNACCHIA

C’era una volta, tanti e tanti anni fa, uno gnomino che aveva una cornacchia come amico. Un giorno, pero’, la cornacchia decise di tornare fra i suoi simili volanti. Quando fu molto lontana da casa si ferì ad un’ala. Era sola, triste e, purtroppo, lontana da casa. L’inverno si stava avvicinando. Chiese ad un faggio se si poteva rifugiare fra i suoi rami ma lui, con tanta superbia, gli rifiuto’ il riparo. Continuo’ a girare nel bosco la povera piccola. Arrivo’ vicino ad un grande castagno e molto timidamente chiese anche a lui di ospitarlo fra i suoi rami. Ma anch’egli nego’ la sua ospitalita’. La povera piccola cornacchia, con le lacrime che gli bagnavano le piume del viso ed il freddo che le gelava le guance, continuo’ a camminare nel fitto bosco. Ad un certo punto sentì una voce. Le foglie dell’albero sbattevano con il vento ed emettevano una voce che invitava la cornacchia a fermarsi per l’inverno. Si rilasso’ e lentamente anche la sua povera ala inizio’ a guarire. Poco distante un’altra pianta gli offrì i suoi frutti per saziarsi. Passarono l’inverno felici insieme. Non si sa bene cosa accadde, forse la magia di qualche strega, ma da quel giorno gli abeti ed i ginepri furono anche in inverno rimasero sempre verdi.

lunedì 22 settembre 2008

ELEZIONI

Qualcuno mi dice di essere rimasto deluso dal fatto che mi candido col centro-destra. Forse inizialmente anch'io. Saro' comunque candidato in una lista civica. Perche' questa mia scelta? Ero in contatto coi grandi del centro-sinistra, poi con un'altra lista sempre di quello schieramento. Alla fine non sono stato trattato bene e, soprattutto, quando ho capito che la cosa era troppo politica, sono rimasto deluso. Con questa lista ho visto che vengo ascoltato, che c'e' apertura. Per questo motivo la mia scelta. Poi vedremo, perche' magari prendo solo il mio voto. (se qualcuno volesse chiedermi qualcosa al riguardo prego scrivermi a: esalvaterra@alice.it

venerdì 19 settembre 2008

PRONTO,... CIAO,... GRAZIE...

Stamattina ero dal dottore per farmi dare qualcosa per alleviare un po' il dolore al dito e mi ha chiamato Marco. Ero fiducioso anche per lui ed invece mi ha detto che praticamente gli hanno tagliato quasi completamente le dita dei piedi. Gli fanno ancora molto male e lo capisco. Speriamo che si rimetta a sposto quanto prima e che torni in fretta fra le sue montagna. Mi ha anche detto che per fortuna, almeno lui a casa e' tornato.

giovedì 18 settembre 2008

IL DITO

Rieccomi a casa. A farla breve il dito ora e' a posto. Un po' piu' corto, un po' male ma sara' di nuovo ok in un mesetto.

mercoledì 17 settembre 2008

HIELO CONTINENTAL

Frugando fra le mie vecchie cose ho ritrovato un altro mio vecchio filmato di una bella avventura che ho avuto sullo Hielo Continental nel lontano 1993. Ero in compagnia di Adriano, Diego, Enrico e Gianni. Ora Gianni non c'e' piu'. Vedo spesso la sua bimba, Ginevra e sua moglie Chicca con la loro piccola zoccola, "Zoe". Lo Hielo, una distesa bianca incantevole... indescrivibile...

martedì 16 settembre 2008

MARCO ED I SUOI PIEDI

Purtroppo domani Marco andra' sotto i ferri. 
"Mi operano domani mattina. Non so ancora quanto taglieranno perchè i medici cercheranno di salvare qualsiasi parte che abbia ancora qualche possibilità di recupero. Certo credo taglieranno almeno una falange di tutte le dita, sono troppo nere, io non le sento proprio più". Ciao Marco, auguri da tutti noi...

domenica 14 settembre 2008

AUTUNNO

La neve e' arrivata appena sopra i duemila metri. La temperatura si e' abbassata di molti gradi. Gia' da qualche giorno cadono le foglie dagli alberi. Molte sono gia' gialle. Gli scoiattoli cominciano il loro lungo andirivieni a raccogliere le noci. Fra una decina di giorni sara' un gran via vai fra le noci e le loro tane. Tra un po' i colori magnifici dell'autunno coloreranno i boschi. Anche i caprioli hanno cominciato a cambiare il colore del pelo. Gia' ora non sono piu' tanto rossicci ma sempre magnifici.

venerdì 12 settembre 2008

UN MIO VECCHIO VIDEO

Questo video e' nato dopo il mio ritorno dalla Patagonia nel 1994, quando rimasi al campo base del Cerro Torre per 6 mesi.
 (prima parte)
(seconda parte)

lunedì 8 settembre 2008

UN PO' DI TUTTO

Il dito non va' male. Fa un po' schifo da vedere ma credo che si sta riattaccando. Mercoledì mi diranno qualcosa. Spesso lo picchio da qualche parte ed allora... Ho anche fatto una via di III e IV grado col mio farmacista privato, tanto per provare. Ogni tanto ci sbattevo dentro ed allora dalla mia boccaccia usciva di tutto. Poi sono stato un po' con Ugo che ora, sempre di piu', va' dall'altra rozza, Olivia. Non so cosa si dicono ma volano insieme e questo mi fa piacere. Non sono ancora riuscito a fotografarla da vicino ma prima o poi ci riusciro'. Ugo mi segue sempre come un cagnolino. Il boschetto posso dire che e' finito ed alla faccia del "terreno acido", ora e' tutto verde. Ho messo anche la slack-line anche se fino ad ora mi ci sono dedicato poco. 

domenica 7 settembre 2008

CENTENARIO XII APOSTOLI

Oggi sono salito al mio vecchio rifugio con Robi Manni. Abbiamo preso solo un po' di pioggia. Era il centenario del rifugio. Non e' stato male, qualche discorsetto da parte del Presidente della SAT Giacomoni, C'era anche il coro dell'ANA che cantava, qualche bianchetto e, poco prima di pranzo, siamo scesi. Poi da Ugo che ora sta abbastanza con la sua amichetta che si chiama Olivia. (nella foto Giacomoni)

giovedì 4 settembre 2008

CHE DIRE...

Stasera ho parlato con Marco. L'avevo chiamato anche nel pomeriggio ma non rispondeva perche' era nella camera iperbarica. Anche Robi e' passato da me poco prima che parlassi con Marco e mi ha fatto vedere la foto dei suoi piedi. Non e' messo tanto bene. Inizialmente mi diceva che gli avrebbero tagliato solo qualche millimetro. Ora invece sembra si parli di molto di piu'. Vedremo. L'ho sentito comunque su di morale. Abbiamo avuto una chiacchierata piacevole. Qualche giorno fa gli avevo mandato un SMS con la notizia di Daniele e ha risposto con una bella frase. 
Anch'io sono abbastanza fermo perche' martedì mi sono tagliato un pezzo di pollice. Ho raccolto il pezzetto e sono andato in ospedale. Me lo hanno riattaccato ma nutrono dubbi che possa risaldarsi. Domani ho la visita e mi diranno. Ne avro' per un mesetto ma forse fra qualche giorno almeno sul IV ci potro' andare. Ugo sta bene ed ormai da una settimana non dorme piu' in casa sua. Qualche giorno fa c'era anche un'altra cornacchia che mangiava dalla sua ciotola. Ogni tanto se ne va su qualche albero, sempre attorno a casa. 

mercoledì 3 settembre 2008

PENSIERI

E' bello leggere le parole che scrivete per Daniele. Grazie! Claudia e' la compagna del Ciapin. Quando mi parlava di lei sembrava mi dicesse che era una scatola piena di monete d'oro dal tanto che la adorava e lei pure. E poi era buono, come "'n toc di pan", come si dice dalle mie parti. 

martedì 2 settembre 2008

DANIELE DENTRO DI NOI

C'era un sacco di gente a dargli l'ultimo saluto. Io sono rimasto tutto il tempo da solo. Non avevo voglia di nessuno, avrei voluto vedere solo lui. 

www.danielechiappa.it

lunedì 1 settembre 2008

CIAPIN ED IL TORRE

"QUOTIDIANO "LA PROVINCIA" 31 agosto

Il suo Torre era la scure del mondo
«Primi sulla vetta impossibile»

Non credeva alle salite di Maestri, con la scalata del ’74 aveva fatto scuola
ADDIO "CIAPIN"
Lecco piange Daniele Chiappa:
era l’anima del Soccorso alpino.
Prima Ragno e poi Gamma, Accademico del Cai, aveva iniziato ad arrampicare a soli 13 anni
La sua impronta nell’evoluzione del pronto intervento delle cime anche a livello nazionale.

Il Torre, il Torre. Senza bisogno dell’altra parola, Cerro, che lo precede sulle carte geografiche del profondo Sud America che chiamiamo Patagonia. Il Torre, al quale Daniele Chiappa, "Ciapin", ha legato il suo nome, nel 1974 e per sempre, con gli altri Ragni della squadra guidata Casimiro Ferrari in un’impresa diventata leggenda. Una cima unica, senza uguali, per questo identificabile già solo con un articolo determinativo. Genere maschile: il. Non a caso lo stesso della parola sogno. Lui, insomma, opera d’arte di roccia e ghiaccio, padrone delle tempeste, signore delle vertigini, lui e nessun altro.
Dicevano che fosse impossibile, quella montagna.
Per quanto Cesare Maestri avesse raccontato di averla salita e risalita – la prima volta nel 1959 con l’austriaco Toni Egger poi ucciso da una valanga, la seconda a colpi di compressore nel ’74 - gli alpinisti non avevano cambiato idea. Non avevano bisogno di cavalcare le polemiche e di mettere in dubbio (come sarebbe accaduto) ciò che lo scalatore trentino andava ripetendo. Il solo pensiero di salire il Torre lasciava stupefatti, metteva i brividi, toglieva il sonno, spezzava il fiato, in qualche modo dimostrava persino l’esistenza di Dio. Daniele Chiappa a 22 anni aveva avuto il dono di guardare il mondo da lassù, in realtà di immaginarlo al di là del biancore lattiginoso da orzata del whiteout, nel quale era finito immerso con i suoi gagliardetti orgogliosamente esibiti alle macchine fotografiche. Non si era spiegato, e non l’aveva nascosto, perché un prodigio di quella specie gli fosse toccato in sorte. Certo, con i suoi compagni aveva sputato più dell’anima per riuscirci, scoprendo di poter scalare anche su difficoltà che non aveva mai affrontato né osato immaginare. Ma che un ragazzo pazzo per il verticale come lui potesse avere tra le mani qualcosa di simile (cioè apparentemente "tutto") all’età in cui di solito si comincia soltanto a sognare, questo non si poteva chiamare diversamente se non dono. «Ciapin, ghe l’em fada» gli aveva gridato in cima il Miro, abbracciandolo scosso dal pianto. Erano rimasti in quattro, lassù, con gli ultimi viveri e le ore contate. Ferrari era in cordata con Mariolino Conti. Chiappa, con Pino Negri. E sì, ce l’avevano fatta. Giocando con la lingua dei peones, Daniele da allora si definiva «el terriero hombre de la cumbre, "la" cumbre». Già, era stato il terzo a sbucare sopra il Fungo. E anche in un precario spagnolo la vetta aveva quel suo
bravo articolo determinativo a precederla, questa volta al femminile: la, in ogni caso quella e non un’altra, cioè la vetta delle vette. Il Torre, il Torre. Per il mondo, il Grido di Pietra. A Chiappa, pieno fino all’orlo della magica esperienza, non bastava neanche questo soprannome di pur straordinaria suggestione. Aveva coniato quella sua altra definizione: "la scure del mondo". E aveva colpito nel segno, visto che il simbolo della Patagonia può essere pensato anche come una gigantesca lama. Taglia il tempo in due, in fondo: separa un prima da un dopo. Perché, per chi arriva là sopra con mezzi leali, nulla è più come era: quella scalata cambia dentro anche quando non modifica l’esteriorità di una vita.
Un monumento? Forse. Non però nel senso di una retorica passatista, vuota, da tromboni sfiatati.
Piuttosto un punto di riferimento e di osservazione, una lente utile per la lettura del presente e del futuro dell’alpinismo lecchese – della sua identità e progettualità - sullo sfondo della scena italiana e internazionale.
Ci sono stati docenti universitari che hanno chiesto a Daniele Chiappa di raccontare quella sua esperienza della Ovest in corsi per manager, perché le scalate a volte sono in grado di spiegare anche ai dirigenti d’azienda quali miracoli possa fare una squadra che crede in un obiettivo. Ci sono stati locali pubblici - è accaduto poco più di un anno fa nel Molise - che hanno scelto il nome "Ciapin" e la sagoma del Torre come insegne. E ci sono state anche negli ultimi anni decine di occasioni nelle quali Daniele è stato chiamato in giro per l’Italia a ri-raccontare la meravigliosa storia dei maglioni rossi aggrappati a una montagna "impossibile", una storia diventata spettacolo multimediale a ritmo dance, capace di riconsegnare brividi e stupori.
Il Torre, il Torre. Ha vissuto troppo poco, Daniele, come altri due dei suoi compagni di vetta: Casimiro, il leader che Chiappa venerava, e Pino, l’altra metà della sua cordata. Ma ha avuto il tempo di convincersi che la magica squadra del ’74 era stata la prima sulla montagna più bella e difficile del mondo. A Cesare Maestri, "Ciapin" non credeva più. La straordinaria scalata di Ermanno Salvaterra e compagni sul misterioso versante Nord del Grido di Pietra e il "rapporto" che ne era scaturito (zero tracce di precedenti passaggi, luoghi diversi da come erano stati descritti, difficoltà estreme anche valutate con la logica del Duemila e dunque considerate non affrontabili mezzo secolo prima, ghiaccio inconsistente e progressione improteggibile) gli avevano dato la definitiva certezza che lassù nel 1959 non era mai passato nessuno.
"Ciapin" non si spiegava perché fosse stato raccontato il contrario, questo no. Ma non aveva dubbi che le cose fossero andate diversamente. E poiché lo stesso Maestri nel 1970 aveva detto di avere rinunciato a scalare la calotta ghiacciata del Torre quando aveva annunciato la seconda vittoria, Chiappa si era deciso al gran passo e aveva chiesto, invano, che anche la sua città rivendicasse formalmente quel primato.
«Adesso lo so» ci aveva confidato due anni fa: «I primi in vetta siamo stati noi». Dicendolo sorrideva beato. Come se la vita, dopo aver rimescolato un po’ troppo le carte, si fosse finalmente decisa a rimettere le cose al loro posto, a restituire a un ex ragazzo di Lecco quel che gli aveva tolto dopo il dono meraviglioso della "cumbre".
Ora quel ragazzo si è arrampicato più su. Sorride ancora, mentre noi piangiamo.

Giorgio Spreafico