Fondazione Università di Mantova
Aula Magna
IL GRIDO DI PIETRA
Ermanno Salvaterra presentato da Alessandro Gogna.
Una montagna leggendaria. Con le sue pareti ripide, il Cerro Torre si erge imperioso nel cielo dell’estremo sud della Patagonia. A impressionare non è la sua altezza, ma l’inaccessibilità delle sue vette, perennemente battute dalla tempesta. Ermanno Salvaterra è l’uomo del Cerro Torre. Guida alpina, nato tra le Dolomiti, Salvaterra arriva in Patagonia nel 1982, compiendo la sua prima ascensione su questa montagna impossibile. È l’inizio di una relazione profonda e magnetica che porta l’alpinista trentino a compiere (ad oggi) altre ventisei spedizioni sul Cerro Torre, aprendo continuamente nuove vie di ascesa. Intervista l’autore di L’uomo del Torre Alessandro Gogna, giornalista e alpinista.
Il mio diario... o meglio, ciò che mi passerà per la testa di scrivere delle mie giornate, di quello che faccio. Non so quanto diario sarà, nel senso che sicuramente non lo farò tutti i giorni. Cercherò di essere il meno ripetitivo possibile, anche se mi sarà difficile perché più o meno faccio sempre le stesse cose. Vivo in un mondo tutto mio. Potrei dire che la mia vita trascorre nel mondo delle fiabe. Grazie e siate positive/i...
mercoledì 27 agosto 2014
martedì 26 agosto 2014
martedì 19 agosto 2014
sabato 16 agosto 2014
venerdì 15 agosto 2014
PIETRO IL GRANDE
Pietro è un ragazzo di 25 anni che lavora in banca come centralinista, in una grande banca proprio in centro a Milano. Tutte le mattine esce di casa alle 7:30 si avvia a prendere la metropolitana che lo porta ad una stazione del tram che finalmente lo deposita in piazza Cadorna dove appunto c’è la sede dell’istituto bancario presso il quale lavora.
Dopo aver fatto il suo turno di lavoro Pietro ha diversi hobbies e diversi interessi. Studia la lingua inglese, suona il pianoforte e poi è un appassionato podista. Almeno due volte alla settimana, con un compagno, al Parco dell’Idroscalo, corre a perdifiato per almeno un’ora.
Pietro fa anche tante altre cose, in inverno gli piace molto sciare e sentire l’aria fredda e tagliente che gli accarezza rude il viso e adora sentire quella sensazione di scivolamento che sente sotto i piedi. Da qualche tempo Pietro ha anche imparato ad arrampicare ed io sono stato il suo maestro.
Ha imparato molto in fretta con una sensibilità ed una naturalezza ammirabili. Qualche volta su itinerari non difficilissimi arrampica da primo di cordata con una concentrazione e una determinazione che mi lasciano molto ammirato.
Pietro una volta alla settimana presta il suo servizio a “Dialogo nel Buio” dove delle persone normali fanno una esperienza fuori dal comune. Visitano un museo completamente al buio guidati da persone non vedenti e capiscono che cosa significa non avere il dono della vista.
Si perché Pietro non ci vede. Da sempre.
Lo ho conosciuto ad un corso di specializzazione “In insegnamento ai disabili” organizzato dal Collegio dei maestri di sci della Lombardia. Lui faceva la cavia per insegnare a noi maestri di sci a guidare, sciando, persone cieche. Mi ricordo che quando tocco a me guidarlo ero tutto teso e preoccupato di non essere all’altezza di questo gravoso compito ma lui con una totale naturalezza mi incitava ad andare più forte per non stargli troppo tra i piedi ed intralciare la sua azione fluida e sicura.
Fu allora che mi venne in mente di invitarlo a provare ad arrampicare e fu una idea giusta . Durante questo percorso di insegnamento naturalmente siamo diventati amici e sono convinto che se facessi un bilancio delle cose che io ho trasmesso a lui e di quelle che lui ha trasmesso a me credo di aver guadagnato più io.
A volte mi racconta delle sue esperienze e mi racconta delle cose che ha fatto e visto e che gli hanno provocato emozioni e sentimenti che sembra di parlare con una persona come tutte le altre. Ma Pietro non ha mai visto niente di questo nostro meraviglioso mondo lo ha semplicemente immaginato e forse se lo sente ancora più splendente ed emozionante di noi normali.
In questo fine settimana abbiamo deciso di provare a fare una via di arrampicata lunga e io ho provato, già da diversi giorni, ad immaginarmi tutte le difficoltà a cui saremmo andati incontro.
Inizialmente avevo previsto di andare a fare una via in Dolomiti ma il tempo inclemente di questa estate assolutamente anomala mi ha spinto a spostare il tiro verso la Valle del Sarca, dove la meteo era appena un po’ più clemente.
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L’itinerario che ho scelto è sull’avancorpo meridionale del piccolo Dain è dentro ad un piccolo canyon e solca delle placconate quasi verticali raramente interrotte da piccole fessure e da diedri appena accennati. La via si chiama “Moonbears”, che tradotto nella nostra lingua, sta per Orsi lunari. Ideata e aperta dal mitico Ermanno Salvaterra che ha inventato un itinerario di quasi trecento metri di quinto/quinto- superiore (con qualche passo anche un po’ più difficile!). Grande eleganza ed impegno.
Sono riuscito, per questa occasione speciale, a convincere Sylvia, mia moglie, a farmi da assistente e così ho composto una cordata da tre. Pietro arrampica con disinvoltura ma ha bisogno che ci sia qualcuno che gli indichi dove si trovano gli appigli ma soprattutto gli appoggi più favorevoli per dargli modo di tesserli assieme e creare quel filo di salita più naturale e meno faticoso.
Abbiamo avuto qualche attimo di difficoltà dovuto al fatto che in un paio di tiri di corda bisognava arrampicarsi su un diedro con la tecnica della spaccata ma spesso anche in Dulfer e a Pietro, disgraziato che non sono altro, non ho ancora insegnato questa tecnica. Ad ogni modo un po’ aiutato dalla corda un po’ dalla sua inspiegabile fantasia e dalla pazienza di Sylvia, che si è scoperta insegnante di grande talento, Pietro arrivava alle soste con dipinto sul volto la fatica ma soprattutto tanta gioia e soddisfazione.
E la determinazione ad andare avanti fino al termine.
Appena dopo la metà per un attimo ho avuto la tentazione di scendere in doppia spinto dal fatto che sopra di noi ruotava un temporale con tuoni e goccioloni radi ma grossi e pesanti. Ma quando ho comunicato la mia intenzione, Pietro mi ha fatto vedere la delusione dipinta sul volto. “ma come ho fatto così tanta fatica e adesso dobbiamo scendere ?” Anche il cielo ha sentito questa tristezza e ci ha aiutato con alcuni movimenti a spirale dei grossi nuvoloni neri che piano piano si sono spostati più a nord lasciando sopra di noi un pallido e velato cielo azzurro.
Abbiamo continuato con la stanchezza che cominciava ad affiorare, la temperatura, calda e densa di umidità, le scarpe strette… ma con la determinazione di uscire in cima.
Sull’aereo balconcino dell’uscita, ho fatto una foto a Pietro e Sylvia e oggi non posso fare a meno di riguardarmela.
Mi fa provare tanta ammirazione ma anche tanta tenerezza per questo piccolo grande uomo che non si è fermato di fronte alle avversità. Le ha solo guardate con quel sorriso disarmante.
Grande Pietro fammi sognare sempre.
Andrea Sarchi
mercoledì 13 agosto 2014
domenica 10 agosto 2014
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