A Mike Kosterlitz, Premio Nobel d
ella Fisica 2016,
Fotografia di Mike Kosterlitz archive
Mike Kosterlitz sale Scorpio E2 5b,
Cloggy, Galles
Fotografia di Ken Wilson
Mike Kosterlitz sale l'ultimo tiro
di Gormenghast E1 5a, Heron
Crag, Eskdale, Inghilterra
Fotografia di Ken Wilson
Mick Burke, Mike Kosterlitz and
Martin Boysen on the Dru Rognon
Fotografia di Nick Estcourt
A Mike Kosterlitz è stato assegnato il premio Nobel per la fisica. Lo scozzese, oltre che per suo genio applicato alla scienza, ha brillato anche come arrampicatore e alpinista lasciando segni indimenticabili soprattutto in Valle dell'Orco, come la celeberrima Fessura Kosterlitz che porta il suo nome. L'articolo di Giovanni Battimelli.
Ha fatto quasi più rumore nell’ambiente alpinistico che in quello dei fisici la notizia dell’assegnazione del premio Nobel per la fisica a Mike Kosterlitz (in condivisione con David Thouless e Duncan Haldane. Perché Kosterlitz (che già era stato insignito nel 2000 del prestigioso premio Onsager per i suoi studi di meccanica statistica della materia condensata) è diventato nel corso degli anni una sorta di personaggio leggendario del mondo dell’arrampicata, specialmente in Italia grazie al ruolo da lui avuto, insieme a Motti, Grassi e gli altri del “Nuovo mattino”, nei primi anni settanta nella scoperta delle pareti granitiche della Valle dell’Orco, e dei blocchi alla loro base. Vie come il Pesce d’aprile ad Aimonin, o il Sole nascente sul Caporal, e la celeberrima fessura che porta il suo nome alla base del Sergent, sono state allora delle pietre miliari della nuova arrampicata, e tuttora delle grandi classiche di riferimento.
Ma non tutti sanno che, ben al di là del segno lasciato sulle rocce dell’Orco, Kosterlitz era già, quando giunse come borsista all'Istituto di Fisica Teorica dell'Università di Torino nell’autunno del 1969, un alpinista di alto livello, con al suo attivo tra l’altro una delle prime salite del diedro Philipp in Civetta, la prima ripetizione della via degli americani al Dru, fatta con Mick Burke nel 1966, e una via nuova sulla nord del Badile, tracciata nel 1968 insieme a Dick Isherwood per sbaglio, in un tentativo di ripetere la via Corti, tirando su dritti dove invece la via di Corti obliqua decisamente a sinistra. Scozzese di origine, formatosi alla scuola dura e pura dell’arrampicata britannica, Kosterlitz ha continuato poi a realizzare belle salite dopo il trasferimento negli Stati Uniti (c’è una splendida via in fessura Kosterlitz-Highbee nei Bugaboos ).
Gravi problemi di salute lo hanno costretto ad abbandonare precocemente l’arrampicata e alpinismo, e la sua vita si è concentrata sulla ricerca scientifica e sull’attività di docente alla Brown University di Providence, in Rhode Island. E’ però bene ricordare che le ricerche che gli hanno valso il massimo riconoscimento, sulle proprietà topologiche di strati sottili di materia che possono dare conto di fenomeni peculiari quali la superconduttività, sono state svolte nei primi anni settanta; arrampicare, così sembra, fa bene alla creatività scientifica – o viceversa?
A Mike Kosterlitz, Nobel per la Fisica 2016, il Climbing Ambassador degli Oscar dell’arrampicata di Arco
27.06.2017 di Vinicio Stefanello
“I miei anni da arrampicatore sono stati molto importanti per me ed è davvero una cosa speciale essere premiati per quelle mie prime scalate.” Questo il commento del Premio Nobel Mike Kosterlitz alla notizia di essere stato scelto per ricevere il Climbing Ambassador degli Arco Rock Legends 2017 che si svolgeranno come ogni anno nell’ambito del Rock Master la gara dei campioni dell’arrampicata. Un onore che naturalmente è condiviso dalla città di Arco e da tutto il Garda Trentino che, venerdì 25 agosto prossimo nella serata dedicata alla 12esima edizione degli Oscar dell’arrampicata sportiva, vedranno il 74enne professore di Fisica della Brown University (Providence, RI, USA) nonché Nobel per la Fisica ricevere il Climbing Ambassador by Dryarn® di Aquafil. Un riconoscimento che ogni anno la SSD Arrampicata Sportiva Arco assegna “a chi attraverso la sua passione, energia e visione ha guidato ed influenzato lo sviluppo dell’arrampicata”. E John Michael Kosterlitz è stato ed è sicuramente una fonte di ispirazione per tutti i climber. Tanto che è più conosciuto tra i climber per le sue performance sulla roccia che per quelle di accademico e Nobel della Fisica. Tanto che il suo nome è leggendario, se non proprio mitico, tra gli arrampicatori.
Mike Kosterlitz è nato nel 1943 ad Aberdeen in Scozia ed è figlio di ebrei scappati nel 1934 dalla Germania nazista. Il padre, Hans Walter Kosterlitz, è stato uno dei pionieri della biochimica. Mike arrivò in Italia nell’autunno del ’69 come borsista all'Istituto di Fisica Teorica dell'Università di Torino, dopo essersi laureato all'Università di Cambridge ed aver conseguito un dottorato all'Università di Oxford. All’epoca era già un arrampicatore di rilievo con all’attivo salite come la prima ripetizione della famosa Americana ai Dru (Monte Bianco), la prima salita della difficile via degli inglesi sulla Nord del Pizzo Badile. Ma fu proprio in Italia che divenne quel “Kosterlitz” divenuto un simbolo per svariate generazioni di arrampicatori. Il caso infatti volle che incontrasse Gian Carlo Grassi, Gian Piero Motti, Ugo Manera e gli altri di quel gruppetto di arrampicatori torinesi che, agli inizi degli anni ’70, stava cambiando l’arrampicata.
Loro gli fecero conoscere la Valle dell’Orco con tutta la sua roccia ancora da scalare. Lui dal canto suo portò quello stile duro e puro dell’arrampicata britannica. Insieme aprirono gioielli come la via del Pesce d’aprile alla Torre di Aimonin o quella del Sole nascente sul Caporal. Per l’epoca erano autentiche visioni che anticipavano il futuro. Come lo fu quella che poi divenne, e tuttora è per tutti, la “Fessura Kosterlitz”. Quell’incisione alta 7 metri che il futuro Nobel della Fisica salì su un masso della Valle dell’Orco e che divenne l’emblema non solo dell’arrampicata “ad incastro” ma anche uno dei primi manifesti di quell’arrampicata che moltissimo tempo dopo si sarebbe chiamata “Bouldering”. Un simbolo così forte ed importante che, quando il masso “Kosterlitz” rischiò di essere distrutto da una nuova galleria, ci fu un’autentica sollevazione da parte dei climber che chiesero ed ottennero che quel monumento dell’arrampicata non fosse distrutto. Anche questa una cosa più unica che rara.
Mike Kosterlitz, dopo quei primissimi anni ’70 in Italia, si trasferì negli Stati Uniti per collaborare con l’Università di Cornell, l'Università di Princeton, i Bell Telephone Laboratories e l'Università di Harvard. Dal 1982, invece, è professore presso la Brown University di Providence, Rhode Island. nel frattempo una grave malattia gli impedì di continuare ad arrampicare. Poi l’anno scorso l’assegnazione del Nobel della Fisica (conferitogli insieme a David Thouless e Duncan Haldane) “per le scoperte teoriche sulle transizioni topologiche di fase e le fasi topologiche della materia”. Una formula e degli studi che risultano del tutto incomprensibili ai più. Come del resto ai più risulteranno probabilmente incomprensibili le arrampicate di Kosterlitz. Sicuramente però chi gli ha assegnato il Nobel ha saputo vedere e capire quanto importanti siano questi studi per tutti noi, per il nostro futuro. Allo stesso tempo il riconoscimento che gli sarà consegnato ad Arco il 25 agosto prossimo suggella un dato di fatto che gli arrampicatori hanno già decretato da tempo: Kosterlitz è da sempre tra gli ambasciatori dell’arrampica e tra gli ispiratori dei climber.
A guardar bene, poi, le due cose poi forse non sono così lontane tra loro. D’altra parte lui stesso ha affermato che la nascita di quelle idee che gli hanno valso il Nobel coincide con il periodo delle sue arrampicate. Così è suggestivo immaginarlo, mentre si allena sul suo famoso traverso all’università di Cambridge oppure sale la sua fessura in Valle dell’Orco, coniugare impossibili leggi della Fisica con gli impossibili equilibri dell’arrampicata. E’ anche per questo che a Kosterlitz va di diritto il Climbing Ambassador “Per averci insegnato e dimostrato ancora una volta che le grandi passioni - come quella che lui ha per l’arrampicata - sono fondamentali per la nostra vita e la nostra crescita”.