C’era una volta, nel bel mezzo
della foresta, un piccolo villaggio abitato dagli gnomi. Ognuno di loro era
impegnato nel suo lavoro e si dava anche da fare per tutta la comunità. In quel
paesino regnava l’amore.
Solo in una casetta questo non
accadeva: lì, viveva una coppia di gnomi che proprio non trovavano un buon
accordo fra loro. Pizöl e Pizòt erano i più ricchi del borgo, la loro
abitazione aveva tutte le comodità, ma loro proprio non riuscivano ad essere
felici e si rendevano anche antipatici a tutti. Non avevano bisogno di lavorare
per mantenersi, la loro agiatezza era dovuta alla fortuna ereditata dai
genitori di entrambi.
Gli altri gnomi, invece,
andavano tutti i giorni al pozzo a prendere l’acqua, coltivavano i campi per
avere le verdure, curavano gli alberi per coglierne i frutti in autunno,
andavano nel bosco a far legna per cucinare e riscaldarsi.
Pizöl e Pizòt erano gli unici
ad avere una canaletta di corteccia che portava l’acqua fin dentro casa;
riuscivano persino, vista l’abbondanza di quel prezioso elemento, a scaldare
pentoloni colmi sino all’orlo per lavarsi in una vasca scavata nel tronco di un
larice. E poi, poi avevano anche una stufa in pietra ollare sulla quale mettere
le loro pentole per cucinare.
Quando si alzavano al mattino,
raramente si davano il buon giorno. Durante la giornata Pizòt era sempre in
giro per il paese a chiacchierare e a spendere soldi in cose inutili; Pizöl,
invece, passava un sacco di ore all’osteria, bighellonava per i vicoli e tutti
i pomeriggi passava dal barbiere per farsi rifinire la barba. La sera si
ritrovavano a casa e il momento della cena poteva essere paragonato all’incontro
di due estranei. Che tristezza!
Le settimane facevano i mesi e
poi gli anni; tutti erano a conoscenza della difficile situazione della coppia.
Finalmente, un giorno, Pizòt fu fermata per strada da una compaesana: si
trattava di Pudöta, la mugnaia della borgata, e non si sarebbe mai permessa di
intromettersi se loro due non fossero state compagne di banco in prima Alimentari.
Pudöta non trovava le parole giuste
per iniziare il suo discorso, però voleva a tutti i costi aiutare Pizòt. Deglutì
la sua castagna, prese coraggio e le consigliò di adottare un animaletto. Sicuramente,
disse, un nuovo arrivo a quattro zampe avrebbe reso la loro casa più viva, più
allegra.
Stranamente Pizòt accettò senza
neanche doverci pensare su, perciò la mugnaia s’impegnò a procurarle la
bestiola e, dopo solo un paio d’ore, si presentò a casa della gnoma triste
portando in braccio un bellissimo gattino di pochi mesi: era nero e bianco,
veramente uno spettacolo.
Pizòt gli si avvicinò timorosa,
poi si chinò e lo accarezzò; il gattino alzò subito la coda e si mise a fare le
fusa.
Pudöta spiegò all’amica cosa
significasse quella reazione del micino, e l’amica sorrise: era tanto tempo che
non aveva un’espressione così felice e rilassata. Poco dopo arrivò Pizöl e,
appena entrato, vedendo sulla sua sedia “quel coso peloso”, come lo chiamò, imprecò
contro sua moglie. Lei lo ignorò, prese il gattino fra le braccia e lo baciò
affettuosamente.
Pizöl si rese conto che in
realtà erano passati tanti anni da quando aveva visto sua moglie sorridere per
l’ultima volta e la constatazione, unita all’espressione buffa e affettuosa della
bestiola, strappò un sorriso anche a lui.
I coniugi ringraziarono e
salutarono Pudöta. Pizöl si avvicinò a Pizòt e, delicatamente, la accarezzò.
Poi fece una carezza anche al micio, che continuava a fare le fusa.
I due gnomi si abbracciarono,
consapevoli del fatto che ciò non avveniva da un secolo. Ebbero poi una breve
discussione su come chiamare il gattino; osservandolo bene, videro che si
trattava di una femminuccia e allora decisero insieme di chiamarla Plöf. Quella
sera prepararono una cena succulenta, mentre la micetta si arrampicava sulle
tende, e parlarono tranquillamente fino a tardi.
Il giorno dopo Plöf fece un
sacco di disastri in casa, ma Pizöl e Pizòt la guardavano divertiti. Alla
micetta piaceva molto giocare con l’acqua e poi, con le zampette bagnate,
andarsene in giro a lasciare impronte ovunque. Prendeva tutti gli oggetti alla
sua portata e li buttava a terra; ruppe anche alcune tazze e bicchieri di
cristallo.
Pizöl e Pizòt avevano un sacco
da fare per mettere a posto tutti i danni che la piccoletta combinava. Cercavano
di richiamarla ma quella fuggiva via come un missile. Si calmò solo quando le
mostrarono una cassettina con della segatura: era il suo bagnetto; per un po’ la
situazione si calmò, ma poi riprese tutto come prima.
Pizòt e Pizöl non erano abituati
a lavorare e quel giorno arrivarono all’ora di cena molto stanchi. Erano
soddisfatti, però. Quando andarono a dormire Plöf, attorcigliandosi nel piumino
con loro, fece uscire tutte le piume che si sparsero per la stanza.
Nonostante i disastri combinati,
quella gattina aveva portato l’allegria e la gioia in casa. Il mattino
successivo Pizòt e Pizöl andarono da Pudöta e le chiesero di procurare un altro
micio, poi un cane e poi ancora un coniglio.
In poco tempo la casa si riempì
di animali. Pizòt e Pizöl erano tanto felici e spensierati, organizzarono una
grande festa in paese e furono finalmente accettati da tutti i compaesani, che presto
dimenticarono la loro precedente antipatia.
E vissero tutti felici e
contenti.
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