C'era una volta Fazöl. Era una gnomina tanto povera,
non aveva nulla, né affetti né mezzi per condurre una vita decorosa. Non aveva più né la mamma né il papà, non un tetto per proteggersi, non una stanza con un
lettino per coricarsi.
I suoi abiti erano cenci che qualcuno aveva gettato e che lei, pazientemente, aveva in qualche modo ricucito per farne dei vestitini che, alla fine, erano risultati carini e colorati come fossero dei patchwork
veri e propri.
Erano vestitini sempre puliti e profumati, però. Fazölveri e propri.
ci teneva particolarmente e perciò faceva tutti i giorni il bucato nel ruscello usando la cenere dei suoi fuocherelli.
La gnomina percorreva tanta strada ogni giorno, in
cerca di chissà che cosa: nemmeno lei sapeva quel che andava cercando, ma continuava, e mentre camminava osservava attentamente tutto ciò che la circondava. Non le sfuggiva proprio nulla. Era solita, durante le sue passeggiate, tenere nel suo “tascapàn”, ben stretto, un pezzetto di pane secco che ogni tanto sbocconcellava e intingeva nel latte che mungeva da
qualche capretta selvatica.
Fazöl era buona ma, poiché era abbandonata da tutti,
vagabondava qua e là per i campi e i boschi, confidando semplicemente nella buona sorte.
Un giorno incontrò uno gnomo povero come lei che le disse: “Per piacere, dammi qualcosa da mangiare!
Ho tanta fame”. Fazöl non ci pensò due volte e gli porse tutto il suo pezzo di pane sperando lo potesse sfamare, poi proseguì il suo peregrinare.
Un altro giorno incontrò una gnoma intirizzita. “Ho tanto freddo alla testa! Dammi qualcosa per coprirmi!“ Fazöl si sfilò il berrettino e glielo regalò. Proseguì il
suo cammino, cibandosi di ortiche o di qualche bacca secca che trovava qua e là, ma ecco che incontrò un’altra gnomina tremante per il gelo. Le faceva molta
tenerezza, quindi si tolse il giubbetto colorato e glielo donò.
Fazöl si accorse però che ormai le restava ben poco
per coprirsi e l’inverno era rigido anche per lei! Ciononostante, quando vide un’ultima gnomina che tremava anch’essa per il freddo sentì che le si strappava il cuore, perciò decise di donarle la sua gonnellina a strisce e la sua camicia a fiori. Restò in mutande, la poverina, tuttavia non se ne preoccupava, giacché ormai si stava facendo buio e nessuno l’avrebbe vista ridotta in quelle condizioni.
Fazöl si trovò nel bosco al gelo, tutta sola, ma non
smise di sorridere. Il suo “tascapàn” era vuoto, eppure non le importava. Si disse che se anche non aveva più abiti almeno il suo sederino sarebbe rimasto al caldo, perché lei indossava le mutandine che le aveva fatto, a suo tempo, la mamma: erano di lana infeltrita, bianche e con i fiorellini colorati.
Proprio in quel momento, come per incanto,
all’improvviso dal cielo iniziarono a cadere tutt’intorno a Fazöl oggetti strani e lucenti: non erano stelle, erano monetine d’oro luccicanti! La gnomina, a naso insù, vide quei puntini luccicanti comporre una frase: “Quello che fai nella vita, prima o poi ritorna”. Il cielo aveva premiato la sua generosità.
Un istante e Fazöl si ritrovò vestita di tutto punto
con abiti di lana calda, finissima e, pensò, incredibilmente “morbidosa”. Tornò al paese con il “tascapan” trasformato nello scrigno di un tesoro, si costruì una casetta piccina piccina e decise di distribuire ogni giorno una moneta a chi ne aveva bisogno.
E vissero tutti felici e contenti.
2 commenti:
Bella e dolce!!!! Baci
Thhanks for posting this
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