martedì 26 gennaio 2016

IL "NANO"




Non so come cominciare. Sono comunque una persona molto fortunata per la possibilità di vivere una vita tanto bella. Sono fortunato per la gente che mi circonda, per gli animali che mi vogliono bene, per gli Amici che ho. Di chi voglio parlare oggi? Di Adriano, il “Nano”. Qualche giorno fa siamo stati a cena nella sua bellissima casa e anche Isotta giocava con Teo, il suo cane, come non fa mai con altri cani. Magnifico.
Suo fratello, il postino, ci ha fatto un paio di foto con i nostri cani in braccio e poi in braccio ha preso anche me. Mi teneva con lo sforzo con cui si tiene un bambino…
Il “Nano” è un Grande uomo, un Amico di cui si potrebbe scrivere un libro, un Best Seller. Adriano è un boscaiolo, un lavoratore come credo ce ne siano pochi; un fisico della madonna costruito non in palestra ma con la motosega, la scure, il “zapin” (scusate ma non so come si dice in italiano). Adriano ha una moglie splendida e una figlia fantastica. La sua semplicità e il suo non parlare sono indescrivibili. Con lui ho vissuto momenti difficili e altri molto simpatici. Mi fece molto ridere una volta: ci trovavamo isolati sullo Hielo Continental in Patagonia, avevamo poca roba da mangiare e una busta di minestrina scaduta da qualche anno. Eravamo molto a corto di viveri quella volta. Lui, il rude, non la volle mangiare ma qualche giorno dopo, spalando neve, trovammo un sacchetto contenente un po’ di viveri. Era stato abbandonato 10 anni prima. L’aspetto era orribile ma trovammo un po’ di caffè e una busta di latte in polvere (ormai a blocchi). Poco dopo il caffè e il latte finirono nel nostro stomaco e anche Adriano dopo tanto tempo non fece nessun commento sulle date di scadenza.
Un'altra volta era gennaio e Adriano si era sposato con Chicca e dopo cinque giorni il suo viaggio di nozze lo fece con me a patire le bizze del clima patagonico.
Adriano non parla mai e se lo fa non è mai di lui. La sua bontà e generosità credo siano difficilmente riscontrabili in altre persone. E’ una persona che affascina e ci si può sentire innamorati di lui anche se dello stesso sesso. Potrei continuare, vorrei continuare a parlare di lui, ma mi obbligo a non farlo. Certo che se fossimo tutti come lui, anche solo un po’, non ci sarebbero guerre e la vita sarebbe più bella per tutti… grazie Adriano…


INCONTRO


Incontro all'ISPO col Grande Roger Schaeli che la prossima settimana partirà per la Patagonia.

venerdì 22 gennaio 2016

ANCHE LUI...

Grave perdita al Fitz Roy. Il giovane andinista Iñaki Coussirat di 24 anni ha perso la vita sulla parete est del Fitz Roy mentre cercava di salire la via Linea d’Eleganza. Una grossa pietra l’ha colpito alla testa togliendogli la vita. Era un forte scalatore e ‘Iñaki vivía para la escalada’. Lo scorso anno aveva anche lavorato con i lecchesi per ripulire la via di Casimiro Ferrari sulla stessa parete. Era una ragazzo molto conosciuto e amato dagli alpinisti patagonici. Iñaki era della provincia di San Juan e faceva parte Club Andino Mercedario. Ciao Iñaki





IL GRANDE COLIN

Sullo Spigolo dei Bimbi 
Il tracciato percorso

Foto di Colin alla fine del primo tiro sullo Spigolo dei Bimbi-
Era il 1991. Quella via l'avevo voluta dedicare a quei piccoli che erano rimasti sepolti da una frana di grandine e ghiaia scendendo dal rifugio Brentei. Erano piccoli, 11 anni, Carla, Cinzia, Francesco, Matteo, Andrea, Michele. Ciao BIMBI!



Colin Haley, prima solitaria della Torre Egger e Punta Herron in Patagonia

22.01.2016 di Planetmountain

Intervista all'alpinista statunitense Colin Haley dopo la prima 

salita in solitaria della Torre Egger (2850m) e della Punta 

Herron (2750m) in Patagonia in 16 ore e 30 per la salita e 9

ore per la discesa.

Colin Haley ha appena completato la prima salita in solitaria della Torre Egger e della Punta Herron nel gruppo del Cerro Torre in Patagonia. L'alpinista statunitense ha impiegato sedici ore e mezzo per raggiungere quella che viene spesso considerata la cima più difficile della Patagonia dopo aver lasciato il Campo Norvegese alle 12:45 circa. Haley ha attraversato le rampe della parete est del Cerro Standhardt, poi si è calato al Colle dei Sogni per seguire la via Spigolo dei Bimbi (aperta da Adriano Cavallaro, Ermanno Salvaterra e Ferruccio Vidi nel 1991) e raggiungere così la cima della Punta Herron, da dove ha seguito la via Huber-Schnarf (Thomas Huber, Andreas Schnarf, 2005) fino in cima alla Egger. Mentre la salita "è stata più veloce e più facile di quanto avessi mai sperato", la discesa "è stata un po' epica". Quest'ultimo successo arriva immediatamente dopo la veloce salita di Colin, insieme ad Andy Wyatt, del Fitz Roy ma anche della sua solitaria della via Californiana, proprio alla fine del 2015 e sempre sul Fitz Roy. Ermanno Salvaterra ha fatto un unico commento: “Incredibile, è veramente un mostro!”.
Colin, quale vie hai seguito in salita? Presumibilmente le avevi già salite in passato?
Sono salito lungo la via Spigolo dei Bimbi (in cima alla Punta Herron), e poi sulla Huber-Schnarf (in cima alla Egger). Per arrivare alla base di Spigolo dei Bimbi (Colle dei Sogni) ho attraverso una serie di rampe sulla est della Standhardt, poi mi sono calato giù all'ultimo tiro di Tobogan. Nel complesso è questa la via più semplice per arrivare in cima alla Torre Egger, l'avevo già percorsa interamente l'anno scorso insieme a Alex Honnold, e la maggior parte delle sezioni le avevo fatte più volte in passato.
Parlaci dello stile della tua salita
Non sono salito in solitaria usando la daisy-chain, ma ho usato la corda su quattro tiri sullo Spigolo dei Bimbi, e su quattro tiri della Huber-Schnarf. In termini percentuali è una piccola parte della scalata totale, ma una grande percentuale dell'arrampicata difficile che ho incontrato.
Mentre la salita è filata liscia, la discesa è stata emozionante, per non dire altro...
Per la discesa mi sono calato lungo la parete sud della Egger, in un punto che io chiamo Col de la Mentira, e poi da lì ho continuato verso il basso seguendo la via Americana sulla Torre Egger (l'originaria), lungo la parte bassa della est del Cerro Torre. Per la discesa mi ci sono volute circa nove ore. Durante la penultima calata al Col de la Mentira sono stato veramente sfortunato e la corda si è incastrata come non mi era mai successo. In qualche modo la corda, durante la calata completamente verticale di 60m, si è incastrata dopo che ne avevo tirato giù soltanto un paio di metri. Visto che la parete sopra di me era strapiombante non riuscivo a recuperare l'altro capo, che era lì, sospeso nell'aria un paio di metri sopra di me. Ho passato letteralmente 1 ora e mezza - 2 ore a saltare il più alto che riuscivo sulla mia corda a cui ero assicurato con un micro traxion (un carrucola bloccante ultraleggera, ndr), recuperando la corda pochi centimetri alla volta. Per un po' ero piuttosto terrorizzato dal pensiero di dover scendere la est del Cerro Torre con soli 20 metri di corda da 5,5 millimetri... Mentre saltavo (sarebbe probabilmente stato più saggio assemblare un sistema di carrucola) la guaina della corda si è rovinata in diversi punti. È stato un sollievo enorme poter finalmente tirare giù le corde ed essere in grado di continuare la discesa in maniera relativamente normale.
Nel 2010 hai effettuato la prima solitaria dell'Aguja Standhardt. Ora, cinque anni dopo, dici di essere molto migliorato come alpinista. Cosa è cambiato?
Penso che la più grande differenza sia che sono diventato molto più bravo su roccia rispetto a prima. Ho fatto una scelta consapevole di non andare in Himalaya per tre o quattro anni, e in estate ho passato molto più tempo nell'emisfero del nord, arrampicando per lo più a Squamish.
Sei salito in solitaria, uno stile che dici viene spesso mal apprezzato o frainteso. Puoi contestualizzare quest'ultima solitaria, paragonandola con quelle che hai fatto su altre montagne ma anche in Patagonia
Alcune delle mie migliori altre salite in solitaria sono state la traversata in solitaria in British Columbia del Mt. Waddington, del Mt. Combatant e del Mt. Asperity (la prima solitaria di ciascuna), ed un tentativo del North Buttress sul Mt. Begguya (anche conosciuto come Mt. Hunter, in Alaska) dove mi sono fermato a soli 100 metri dalla cima. Non è un problema che le solitarie vengano sottovalutate, è soltanto un'osservazione, qualcosa che ho notato nel corso degli anni. Un esempio perfetto è proprio quello recente: la salita in giornata insieme a Andy Wyatt del Chaltén (anche conosciuto come Cerro Fitz Roy) ha ricevuto un sacco di attenzione. Una settimana prima avevo fatto sulla stessa montagna una salita in solitaria della via dei Californiani - una realizzazione molto più difficile e molto più grande, che però in confronto ha ricevuto poca attenzione. Davvero non mi importa, è soltanto interessante come a volte le salite vengano più "pubblicizzate", rispetto ad altre, spesso con mia grande sorpresa.
Per quanto riguarda perché la Egger è una solitaria più difficile della Standhardt, del Cerro Torre o del Chaltén, è per le stesse ragione per le quali salire la Egger con un compagno è più difficile che salire altre cime con un compagno - è lunga, complicata, e mentre non ci sono sezioni specifiche che sono veramente difficili, nel complesso la salita è difficile da fare. Inoltre, tanto per essere chiari, mentre penso che la solitaria della Torre Egger sia un risultato maggiore rispetto ad una solitaria della via dei Ragni (sul Cerro Torre ndr), penso che questa mia salita, nella migliore delle ipotesi, è una realizzazione alla pari con quella di Marc-André Leclerc che l'anno scorso aveva salito in solitaria la via Corkscrew sul Cerro Torre. E, naturalmente, la prima salita del Pilastro Goretta da parte di Renato Casarotto ("Dio con i baffi"), rimane ancora la solitaria solista più cazzuta mai effettuata in Patagonia, considerata l'epoca in cui è stata effettuata.

giovedì 21 gennaio 2016

SENZA PAROLE

E bravo ancora il Grande Colin

Into the flood again. In November 2010 I made the first solo ascent of Aguja Standhardt. From that moment on, Torre Egger became the focus of my soloing aspirations. During the past five years I have spent so much time daydreaming about this goal, about what skills I needed to develop, about what strategy to adopt, about what equipment to take, and about whether or not I had the gumption to make it happen. In 2011 I started teaching myself how to rope-solo efficiently, all the while with Torre Egger in mind. Over the past few years I actually hiked into the Torre Valley to make an attempt a couple times, but either the weather wasn't right, the conditions weren't right, or I didn't have the nerve at that moment. A few times, even as recently as two months ago, I wrote off the dream completely, resigned that I wasn't up for it. Yesterday everything finally came together: The weather was beautiful, the conditions pretty good, I'm a much better climber than I was five years ago, and I felt no apprehension. I left the Noruegos bivouac at about 12:45, and arrived on the summit of Torre Egger about sixteen and a half hours later, having also made the first solo ascent of Punta Herron in the process. The ascent went faster and more smoothly than I had ever hoped for. The descent, on the other hand, was a bit of an epic, but that's another story. In my experience my solo ascents generally are under appreciated relative to ascents with partners - I think this is partially because soloing doesn't produce rad photos, and mostly because people don't fully appreciate the difference compared to climbing with a partner. The few people who engage in this game of big, technically-difficult, alpine-style soloing are the ones who truly understand. Regardless, I'm sure that yesterday's climb is among the very best climbing accomplishments I have made in my life thus far. Very tired, very stoked. 

sabato 16 gennaio 2016

giovedì 14 gennaio 2016

QUALCHE ANNO FA

La Licia col vecchio èrman

lunedì 11 gennaio 2016

CIAO DAVID

Ciao, so che amavi anche i gatti e le fiabe. Oltre l'arcobaleno troverai anche i miei Amori. Buon viaggio...

sabato 9 gennaio 2016

INVERNO

Madonna di Campiglio. Inverno 1950-'51. 
In quel lontano inverno Campiglio è letteralmente sommersa dalla neve: in tre mesi ne cadono trenta metri. Un disagio enorme (il paese rimase isolato per varie giornate). A quel tempi il “Bisti” (al secolo Giovanni Battista Luconi) era arrivato da Venezia da un paio d’anni. Grazie alla sua Leica oggi Campiglio possiede una collezione straordinaria di immagini d’epoca, parte imprescindibile del suo patrimonio storico.

venerdì 8 gennaio 2016