Nella foto Bagàt, arrotino in USA
Carlo, recentemente scomparso, viene spesso richiamato alla memoria ancor oggi nei discorsi e nel parlare della gente per la simpatia e l'affetto di cui si era saputo circondare. Pieno di iniziative, arguto, di molteplici interessi e di grande umanità, fu personaggio che ha lasciato il segno nella comunita'. Punto di riferimento per gli emigranti (aveva trascorso molti anni negli USA ad arrotar coltelli) fu l'ideatore del monumento al “moléta”, quello fuso nel bronzo da fra Silvio Bottes, che accoglie gli ospiti di Pinzolo all'ingresso del paese, e fra i promotori del “Fire of July” la festa che riunisce ogni anno a Pinzolo il 4 luglio gli arrotini da tutto il mondo, era maestro di sci, grande sportivo, amante della montagna (nel direttivo della SAT), presidente dei cacciatori, albergatore pieno di intraprendenza (con alcuni amici pianto' il primo skilift a Giustino). Fu anche mio maestro di sci. Era anche persona che nei momenti di intimità si chiudeva in se' stesso e si trasformava in poeta. Alcune sue poesie, che esprimono la fatica di vivere dell'emigrante e la nostalgia per la casa natia e per la terra appena lasciata, pubblicate in un volumetto della Cassa Rurale, toccano il cuore per la malinconia e delicatezza dei sentimenti. Sapeva pero' anche “stare al mondo”, “stare al gioco”. Non si puo' dimenticare quando Lino Lacedelli, il grande scalatore che conquisto' il K2, all'indomani della grande impresa venne quassu' , e si presento' a lui con grande prosopopea: “Piacere, Lino Lacedelli da Cortina” - gli disse con la erre moscia che lo caratterizzava, allora segno di distinzione, nel porgergli la mano. E Carlo nel ricambiare, ribatté con prontezza: “Carlo Antoniolli di Bagàt, conte di Gajolìn!”. Al che Lacedelli fece un inchino. “Gajolìn” è il nome di una località sulla montagna di Giustino, dove Carlo aveva una baita.
POESIA
dai fior e dai amor;
i giuvanoc’ i é plin d’ardor
e anca ndal pais, da Carobit a Vacianaga
dal Lazarin a Gaiolin,
indapartüt as sent in bon udor
ca l par balsam di pin.
Intant al sul al cioca;
a varadar fo par i pre
as vic’ già i fior sbucè;
e ndal gac’ chi apè
as sent i usei ca i é già turnè.
Al piciaciòc chi bat sül làras e sül mor
e tüc’ insema i sona na canzon d’amor.
L’é l mis da la Madona
e i dis l’Ave Maria
parchè, sa nò, li berti
Barzola al li porta via.
Banadöt mac’ da la Madona e dai amor
a m sentu in dal me cör
come sbucià in bel fior.
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