Doug Scott ci ha lasciati
È scomparso l'alpinista inglese Doug Scott. Aveva 79 anni ed era un’autentica leggenda dell’alpinismo mondiale di tutti i tempi.
E' un giorno triste per l'alpinismo mondiale. Con Doug Scott se ne va una leggenda e un indiscusso riferimento per chi ama la montagna e la scalata. Di lui si rimpiangerà non solo la classe cristallina ma anche e soprattutto la sua qualità e il suo spessore di uomo. Era nato il 29 maggio di 79 anni fa a Nottingham, in Inghilterra, se n'è andato oggi 7 dicembre 2020 a causa di una terribile malattia.
Scott cominciò prestissimo, aveva appena 12 anni, con la scalata. E fu subito un colpo di fulmine. Da allora non ha più smesso diventando uno dei profeti dello stile alpino e delle grandi salite sulle montagne e sulle pareti più alte del mondo. Mitica è la sua prima salita (nel 1975, insieme a Dougal Haston e con capo spedizione Chris Bonington) sulla SO dell'Everest, con annesso un incredibile bivacco subito sotto la cima. Un'impresa immensa che ha segnato un cambio di passo nell'alpinismo Himalayano.
Indimenticabile, nel 1977, anche la leggendaria prima sul Baintha Brakk (7.285m), il famoso e terribile Ogre, in cui con Chris Bonington visse una delle epopee più straordinarie dell'alpinismo. Dopo un'incredibile salita in cima, alla prima doppia Scott si ruppe entrambe le gambe. Poi, come non bastasse, Bonington si ruppe le costole e contrasse la polmonite. Il tutto in mezzo alla bufera... Furono 7 giorni di lotta incredibile ma al Campo base ci arrivarono, sulle ginocchia ma ci arrivarono, con un'impresa fuori da ogni dimensione. Ma non è finita.
Sono da incorniciare anche la splendida prima, una delle vie più belle in assoluto, del Pilastro est dello Shivling (6.543m nel Garhwal indiano) salita, nel 1981, con Rick White, Georges Bettembourg e Greg Child. E, ancora, nel 1979, la via nuova sul Kangchenjunga 8586m (con gli indimenticabili Joe Tasker e Pete Boardman). Ma anche la via nuova su un altro 8000, lo Shisha Pangma, realizzata nel 1982 con Alex McIntyre e Roger Baxter-Jones.
Ma aldilà delle singole grandi realizzazioni (più di 45 vie nuove dal Monte Bianco, all'Alaska passando per l'Himalaya e il Karakorum) l'alpinismo di Doug Scott è soprattutto un fatto di stile. Uno "stile alpino", naturalmente. Sempre all'insegna di quel "by fair means", di quel porsi lealmente davanti alla montagna, che è il simbolo dei grandissimi dell'alpinismo e dell'alpinismo britannico Doc.
Non a caso Scott ha scalato con i più grandi alpinisti britannici (degli autentici “mostri”) della sua epoca. E, sempre non a caso, è stato presidente dell'Alpine Club Britannico. Come non è un caso che sia stato molto attivo nell'aiuto alle popolazioni del Nepal con Community Action Trek Ltd. E' stato insignito con la medaglia d'oro della Royal Geographical Society e con il titolo di Commander of British Empire. Mentre, nel 2011, a Courmayeur, gli è stato consegnato il Piolet alla Carriera del mondo dell'alpinismo.
Doug Scott ci ha accompagnato con per molto tempo: quella sua foto anni '70 con i capelli lunghi, la barba incolta e gli occhiali da prof (ha insegnato geografia) resterà sempre con noi. In quella foto ha uno sguardo intenso, sognante, da grande visionario. E' quello stesso sguardo e quel sogno che tutti avremmo voluto avere. Era lo sguardo di un grande alpinista e di un vero gentleman. Un esempio!
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