domenica 5 agosto 2012

CROZZON DI BRENTA m 3.118


LA TENDA

SERATA FANTASTICA

IN CIMA ALLA VIA

LA VIA DEI TRE GIGANTI

ULTIMA CORDA DOPPIA

Ci sto pensando da un po’ ma non ricordo quel giorno che, scendendo al rifugio Brentei dopo una salita, guardavo il Crozzon. Osservavo quella larga fascia che si trova fra la via dei francesini Jean Fréhel e Dominique Leprince Ringuet, che aprirono nell'ormai lontano 1965 quella bella via che tutti chiamiamo Pilastro dei Francesi e una variante alla storica via del Grande Paul Preuss. Veramente uno spazio grande e nessuna via che ci sale. Mah! Nessuna guida che ne parla, nemmeno i libri delle salite al rifugio Brentei, nessuno che sa qualcosa. Andrò a dare un’occhiata…
Un paio di settimane fa ho trovato due amici disposti a seguirmi. Sono Will (Matteo) e Paolo. Andiamo alla base del Crozzon coi sacchi a pelo e cerchiamo la linea che ci porterà alla fascia centrale. Vogliamo dare un assaggio. Salgo un primo tiro, non troppo facile ma divertente, ma trovo un cordino in una clessidra e una sosta. Torniamo giù e ci spostiamo appena a destra. Una fessurina grigia e gialla. Chi sale? Pari o dispari. Vince Paolo e via. Il tiro è molto bello. Poi proseguiamo ancora un paio di tiri “easy", come dice il Will,  e arriviamo sulla grande cengia. Lasciamo tutta la ferramenta e scendiamo dalla via dei Francesi. Passiamo la notte sul ripiano che feci tanti anni fa.
La mattina saliamo veloci al materiale. Paolo sale un altro tiro easy alla base del diedrino che ci indica la direzione. Tocca a me ora. Il diedro è molto bello e la fessurina successiva ancor di più. Metto un friend e traverso un po’ a sinistra. Poi devo studiare un passaggio ostico e avanti fino a una bella cengetta. Un chiodo a pressione e uno normale mi aspettano. Chiodi vecchissimi, non oltre gli anni sessanta. Sicuramente, anche se non sul tiro appena fatto, qualcuno qui è arrivato. Siamo un po’ delusi e con le orecchie basse decidiamo di abbandonare.
Ritornerò! Pochi giorni dopo sono di nuovo lì. Con me una “bella bimba”. Arrivati alla base nel pomeriggio, salgo i primi tiri del Pilastro per portare il materiale. La mattina alle 5 c’è molto freddo e i fiocchi di neve si depositano sui sacchi a pelo. Prima che magari ne faccia due dita è meglio che salga. Così faccio, ma arrivato allo zaino lascio il tutto poco sopra in una borsina e torno giù. Torniamo a casa e solo arrivati alla macchina a Vallesinella ci togliamo il maglione. Due giorni dopo partiamo nuovamente, ma al mattino. Alle 3.30 lasciamo Vallesinella. Il tempo è bello e non fa freddo e presto siamo alla sosta dei vecchi chiodi. Sono sempre con la bimba, Chicca. E’ proprio una tosta… Parto! Abbiamo un po’ di chiodi, 4 friends e qualche stopper. Salgo verso sinistra ma dopo una decina di metri mi devo arrendere. Scendo con una certa fatica e mi sposto in un diedrino a destra. Non è facile e dopo una decina di metri trovo un chiodo. Un vecchio chiodo Camp, di quelli tinti di arancione. Proseguo sulla placca successiva fino a una lama gialla strapiombante. Al suo termine, su una cengetta a sinistra, una sosta con un vecchio chiodo Leeper e uno stopperino con spezzone di corda e moschettone. Forse un tentativo, penso. Mi dico anche che quello che è salito era uno con le p… Chicca mi segue senza dire niente. Le ho insegnato a togliere i chiodi. La volta scorsa, quando salivo a portare il materiale, le ho piantato un chiodo col compito di toglierlo. E’ stata molto soddisfatta perché in un quarto d’ora è riuscita a farlo. Un passo abbastanza duro e poi, con la mia solita fortuna, riesco a mettere un universale in un buco. Quasi come uno spit. Alcuni movimenti difficili con qualche appiglio bagnato. Poi la placca sembra molto bella anche se ripida. La roccia è molto compatta. Trovo un altro chiodo e uno spuntone con un anello di cordino. La parete perde un po’ di verticalità prima di ridiventare di nuovo molto ripida. Un altro passo abbastanza duro e poi un diedrino giallo mi porta a una cengetta. Una strana clessidra e un chiodo per la mia sosta. Sono contento dei tiri fatti ma un po’ deluso. Chi sarà passato? Sono solo le 13.30. Di nuovo decidiamo di rinunciare, anche se… Chicca mi dice di essere un po’ tesa perché mai si era trovata prima di quel giorno con tanto vuoto sotto. Ma poi a scendere va come un missile.
A casa facciamo ricerche su internet. Niente. Anche sui libri delle salite al rifugio Brentei non c’è niente. Il mio amico Postino mi parla di Polvere di Stelle, una via dei Grandi Tiberio Quecchia e Saverio Occhi ma, quando metto le mani sulla sua relazione, capisco che è salito molto più a sinistra. Allora forse sono stati solo tentativi o errori. Parlo con Chicca, Will e Paolo… Se andrò avanti e poi ci sarà qualcuno che mi dirà di essere già salito, gli farò i miei complimenti e gli chiederò scusa.
Non passano molti giorni e il 2 agosto ripassiamo di nuovo al Brentei. Di nuovo al nostro Hotel sotto il Crozzon, l’hotel Paganini. Mentre Chicca fa le pulizie dell’hotel io salgo di nuovo quei 200 metri a portare il materiale. Stasera non fa per niente freddo e con due cracker ci beviamo anche quei 250 cl di vino bianco che ci siamo portati. Fantastico! Alle 21 siamo già nei sacchi. Io mi addormento in fretta e Chicca rimane molto a contare le stelle e le pecore. Alle 5 attacchiamo. Per lei una nuova esperienza. Arrampicare con la frontale. Ormai i tiri li conosco e veloci raggiungiamo il nostro punto più alto poco dopo le 10. Salgo obliquando per evitare una fascia di tetti. Sul bordo sinistro supero uno strapiombo e dopo una decina di metri una comoda cengia mi obbliga a fermarmi. Chicca sale veloce fino alla pancia. Ha anche lo zaino e non è troppo leggero. Sento un urletto. E’ volata! La devo calare alcuni metri finché riprende contatto con la parete. Altro tentativo e altro volo. Ma lei ride anche se ha un po’ di paura perché gira su se stessa. Al quarto tentativo esce da quella “tetta”. Arrivata alla sosta la bacio per farle i miei complimenti. Ora la parete ha perso la sua verticalità e un paio di tiri facili ci conducono alla base dell’ultimo pilastro ripido. Un tentativo fallito, poi un altro e la soluzione. Un breve tiro di 35 metri mi porta coi piedi su un comodo pilastrino. La parete sopra di me è gialla, nera e anche strapiombante. Poco dopo essere partito metto un buon friend e più sopra un’ottima clessidra. A fatica riesco a fare una sosta quando la corda è ormai finita. Non ci sentiamo ma Chicca capisce e piano piano, superando diversi strapiombi, arriva da me. Le tolgo lo zaino e la faccio salire alla cengia sopra di noi. Siamo fuori… Lei ha le mani disfatte e la pelle delle dita consumata col sangue in superficie. Per ora ce la prendiamo come nuova via. La chiameremo TRE GIGANTI. Erano 3 ed ero molto legato a loro. Erano insieme a un corso per Guida Alpina. La terribile disgrazia al Monte Bianco. Tredici anni fa. Si chiamavano Gianni Berta, il marito di Chicca, Manuel Köffler e Paolo Cavagnetto (Istruttore), il compagno della mia dolcissima amica Lio. Erano Grandi, anche come statura e… erano dei Giganti.

Considerazioni:
Da sempre sono stato criticato, in modo buono intendo, per le valutazioni delle mie vie. Mi è sempre stato detto che di difficoltà non capisco niente. Parlavo sempre di facile, difficile, molto difficile. Estremamente difficile non so perché significava e significa tutt’oggi che non riuscivo a passare e quindi per me inqualificabile. Quando però aprivo una via nuova ero obbligato  a dare i gradi ed allora me le “sentivo” sempre. Adesso non sono più un ragazzino e forse ancor di più di difficoltà ci capisco poco. Per ora il mio schizzo della via non parlerà quindi di numeri, di scale UIAA o altro. Quando qualcuno andrà a ripeterla chiederò a lui, a loro, di dirmi i gradi ed allora li scriverò. 

4 commenti:

randi ha detto...

come definirvi se non 'Capitani coraggiosi' ?

Lorenzo ha detto...

Complimenti, sei un personaggio davvero straordinario!
E naturalmente i complimenti si estendono alla Chicca.

Fantasie di fata ha detto...

incredibile!!!!! Sei bravissimo e molto coraggioso!!

èrman ha detto...

Grazie Piccola Fata