Ci
sto pensando da un po’ ma non ricordo quel giorno che, scendendo al rifugio
Brentei dopo una salita, guardavo il Crozzon. Osservavo quella larga fascia che
si trova fra la via dei francesini Jean Fréhel e Dominique Leprince Ringuet,
che aprirono nell'ormai lontano 1965 quella bella via che tutti chiamiamo
Pilastro dei Francesi e una variante alla storica via del Grande Paul Preuss.
Veramente uno spazio grande e nessuna via che ci sale. Mah! Nessuna guida che ne
parla, nemmeno i libri delle salite al rifugio Brentei, nessuno che sa
qualcosa. Andrò a dare un’occhiata…
Un
paio di settimane fa ho trovato due amici disposti a seguirmi. Sono Will
(Matteo) e Paolo. Andiamo alla base del Crozzon coi sacchi a pelo e cerchiamo
la linea che ci porterà alla fascia centrale. Vogliamo dare un assaggio. Salgo
un primo tiro, non troppo facile ma divertente, ma trovo un cordino in una
clessidra e una sosta. Torniamo giù e ci spostiamo appena a destra. Una
fessurina grigia e gialla. Chi sale? Pari o dispari. Vince Paolo e via. Il tiro
è molto bello. Poi proseguiamo ancora un paio di tiri “easy", come
dice il Will, e arriviamo sulla grande cengia. Lasciamo tutta la
ferramenta e scendiamo dalla via dei Francesi. Passiamo la notte sul ripiano
che feci tanti anni fa.
La
mattina saliamo veloci al materiale. Paolo sale un altro tiro easy alla base
del diedrino che ci indica la direzione. Tocca a me ora. Il diedro è molto
bello e la fessurina successiva ancor di più. Metto un friend e traverso un po’
a sinistra. Poi devo studiare un passaggio ostico e avanti fino a una bella
cengetta. Un chiodo a pressione e uno normale mi aspettano. Chiodi vecchissimi,
non oltre gli anni sessanta. Sicuramente, anche se non sul tiro appena fatto,
qualcuno qui è arrivato. Siamo un po’ delusi e con le orecchie basse decidiamo
di abbandonare.
Ritornerò!
Pochi giorni dopo sono di nuovo lì. Con me una “bella bimba”. Arrivati alla
base nel pomeriggio, salgo i primi tiri del Pilastro per portare il materiale.
La mattina alle 5 c’è molto freddo e i fiocchi di neve si depositano sui sacchi
a pelo. Prima che magari ne faccia due dita è meglio che salga. Così faccio, ma
arrivato allo zaino lascio il tutto poco sopra in una borsina e torno giù.
Torniamo a casa e solo arrivati alla macchina a Vallesinella ci togliamo il
maglione. Due giorni dopo partiamo nuovamente, ma al mattino. Alle 3.30
lasciamo Vallesinella. Il tempo è bello e non fa freddo e presto siamo alla
sosta dei vecchi chiodi. Sono sempre con la bimba, Chicca. E’ proprio una
tosta… Parto! Abbiamo un po’ di chiodi, 4 friends e qualche stopper. Salgo
verso sinistra ma dopo una decina di metri mi devo arrendere. Scendo con una
certa fatica e mi sposto in un diedrino a destra. Non è facile e dopo una
decina di metri trovo un chiodo. Un vecchio chiodo Camp, di quelli tinti di
arancione. Proseguo sulla placca successiva fino a una lama gialla
strapiombante. Al suo termine, su una cengetta a sinistra, una sosta con un
vecchio chiodo Leeper e uno stopperino con spezzone di corda e moschettone.
Forse un tentativo, penso. Mi dico anche che quello che è salito era uno con le
p… Chicca mi segue senza dire niente. Le ho insegnato a togliere i chiodi. La
volta scorsa, quando salivo a portare il materiale, le ho piantato un chiodo
col compito di toglierlo. E’ stata molto soddisfatta perché in un quarto d’ora
è riuscita a farlo. Un passo abbastanza duro e poi, con la mia solita fortuna,
riesco a mettere un universale in un buco. Quasi come uno spit. Alcuni
movimenti difficili con qualche appiglio bagnato. Poi la placca sembra molto
bella anche se ripida. La roccia è molto compatta. Trovo un altro chiodo e uno
spuntone con un anello di cordino. La parete perde un po’ di verticalità prima
di ridiventare di nuovo molto ripida. Un altro passo abbastanza duro e poi un
diedrino giallo mi porta a una cengetta. Una strana clessidra e un chiodo per
la mia sosta. Sono contento dei tiri fatti ma un po’ deluso. Chi sarà passato?
Sono solo le 13.30. Di nuovo decidiamo di rinunciare, anche se… Chicca mi
dice di essere un po’ tesa perché mai si era trovata prima di quel giorno con
tanto vuoto sotto. Ma poi a scendere va come un missile.
A
casa facciamo ricerche su internet. Niente. Anche sui libri delle salite al
rifugio Brentei non c’è niente. Il mio amico Postino mi parla di Polvere di
Stelle, una via dei Grandi Tiberio Quecchia e Saverio Occhi ma, quando metto le
mani sulla sua relazione, capisco che è salito molto più a sinistra. Allora
forse sono stati solo tentativi o errori. Parlo con Chicca, Will e Paolo… Se
andrò avanti e poi ci sarà qualcuno che mi dirà di essere già salito, gli farò
i miei complimenti e gli chiederò scusa.
Non
passano molti giorni e il 2 agosto ripassiamo di nuovo al Brentei. Di nuovo al
nostro Hotel sotto il Crozzon, l’hotel Paganini. Mentre Chicca fa le pulizie
dell’hotel io salgo di nuovo quei 200 metri a portare il materiale. Stasera non
fa per niente freddo e con due cracker ci beviamo anche quei 250 cl di vino
bianco che ci siamo portati. Fantastico! Alle 21 siamo già nei sacchi. Io mi
addormento in fretta e Chicca rimane molto a contare le stelle e le pecore.
Alle 5 attacchiamo. Per lei una nuova esperienza. Arrampicare con la frontale.
Ormai i tiri li conosco e veloci raggiungiamo il nostro punto più alto poco dopo
le 10. Salgo obliquando per evitare una fascia di tetti. Sul bordo sinistro
supero uno strapiombo e dopo una decina di metri una comoda cengia mi obbliga a
fermarmi. Chicca sale veloce fino alla pancia. Ha anche lo zaino e non è troppo
leggero. Sento un urletto. E’ volata! La devo calare alcuni metri finché
riprende contatto con la parete. Altro tentativo e altro volo. Ma lei ride
anche se ha un po’ di paura perché gira su se stessa. Al quarto tentativo esce
da quella “tetta”. Arrivata alla sosta la bacio per farle i miei complimenti.
Ora la parete ha perso la sua verticalità e un paio di tiri facili ci conducono
alla base dell’ultimo pilastro ripido. Un tentativo fallito, poi un altro e la
soluzione. Un breve tiro di 35 metri mi porta coi piedi su un comodo
pilastrino. La parete sopra di me è gialla, nera e anche strapiombante. Poco
dopo essere partito metto un buon friend e più sopra un’ottima clessidra. A
fatica riesco a fare una sosta quando la corda è ormai finita. Non ci sentiamo
ma Chicca capisce e piano piano, superando diversi strapiombi, arriva da me. Le
tolgo lo zaino e la faccio salire alla cengia sopra di noi. Siamo fuori… Lei ha
le mani disfatte e la pelle delle dita consumata col sangue in superficie. Per
ora ce la prendiamo come nuova via. La chiameremo TRE GIGANTI. Erano 3 ed ero
molto legato a loro. Erano insieme a un corso per Guida Alpina. La terribile
disgrazia al Monte Bianco. Tredici anni fa. Si chiamavano Gianni Berta, il
marito di Chicca, Manuel Köffler e Paolo Cavagnetto (Istruttore), il compagno
della mia dolcissima amica Lio. Erano Grandi, anche come statura e… erano dei
Giganti.
Considerazioni:
Da sempre
sono stato criticato, in modo buono intendo, per le valutazioni delle mie vie. Mi
è sempre stato detto che di difficoltà non capisco niente. Parlavo sempre di
facile, difficile, molto difficile. Estremamente difficile non so perché
significava e significa tutt’oggi che non riuscivo a passare e quindi per me
inqualificabile. Quando però aprivo una via nuova ero obbligato a dare i gradi ed allora me le “sentivo”
sempre. Adesso non sono più un ragazzino e forse ancor di più di difficoltà ci
capisco poco. Per ora il mio schizzo della via non parlerà quindi di numeri, di
scale UIAA o altro. Quando qualcuno andrà a ripeterla chiederò a lui, a loro,
di dirmi i gradi ed allora li scriverò.
4 commenti:
come definirvi se non 'Capitani coraggiosi' ?
Complimenti, sei un personaggio davvero straordinario!
E naturalmente i complimenti si estendono alla Chicca.
incredibile!!!!! Sei bravissimo e molto coraggioso!!
Grazie Piccola Fata
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