Ormai la voce ha girato e sanno in molti cosa mi è capitato...
Giovedì 9 agosto.
Mi trovo con Chicca verso le 13 al parcheggio delle
funivie di Pinzolo. Andiamo a Vallesinella e poi, non troppo velocemente,
saliamo al rifugio Brentei. Con calma e leggeri visto che quasi tutta la nostra
roba è già su che ci aspetta. Ultimamente siamo già saliti qualche volta per
fare quella che credevamo fosse una nuova via, proprio al Crozzon, dove stiamo
andando anche ora. Al rifugio ci carichiamo di tutta la nostra roba e andiamo
alla base di quella fantastica montagna. Passeremo la notte proprio sotto,
all’Hotel Paganini *****. La serata trascorre molto piacevolmente con dei salatini
e anche un buon goccio di vino bianco. Molto presto siamo già nei sacchi a
“velo” col cielo stellato.
Verso le 4 Chicca mi sveglia. Alle 5 siamo già alla
base e iniziamo a salire con le frontali. Ho le ginocchia un po’ fredde perché
sto salendo in “braghe” corte. Chicca mi ha regalato un paio di pantaloncini
corti bellissimi. Bianchi e coi fiorellini rosa ma arrivato all’Hotel Paganini
mi sono reso conto di aver dimenticato a casa i pantaloni lunghi. Acc…!
Poi la grande cengia e, prima di iniziare a salire sul
pilastro, spegniamo le frontali. Un paio di tiri non troppo “hard” e siamo alla
sosta sotto il famoso tiro. Sono da poco passate le sette che inizio il
bellissimo tiro sotto il tetti a scala. Sono molti anni che non passo più di
qua.
Abbastanza veloce su fantastici appigli, un passo
più difficile e poi, su ancora. Quando arrivo alla sosta proseguo dritto,
rinvio un cuneo di legno pensando alla mia compagna, traverso a sinistra e poi
su dritto fino a fine corda. Proprio alla fine e a fatica attrezzo la sosta che
mi sembra buona. Un kevlar, piastrina e Chicca può salire. Sono solo le 8. Quando
lei mi raggiunge proseguo.
Raggiungo un diedrino. La roccia fa schifo e sto
attento. Poi, con un paio di movimenti difficili e traverso a sinistra.
Proseguo. La roccia ora è molto buona e facile. Dico alla mia “nanerottola” di
spostarsi subito e salire a sinistra. Mentre proseguo continuo a parlare e gli
dico che è facile, forse III° grado. Gli dico che poi, dopo la cengia che sto
raggiungendo, andremo facilmente verso sinistra. Non parlo, chiacchiero, mentre
salgo. Alzo la mano destra e mi attacco al bordo della cengia, almeno così
credo di ricordare, e cado all’indietro…
Quello che ricordo perfettamente… la mano che mi
passa vicino alla tempia, la testa che và all’indietro. Sono leggero, sono
senza peso… Sono arrabbiato… ciao… finito… finito… mi vedo il mio casco grigio
e la testa sfondata e metà faccia fracassata… stringo i denti… credo di aver
chiuso gli occhi… credo… non mi fermo più… poi, tutto finisce.
Non sento niente. Sono ancora qui. Sono ancora
vivo. Sto pendolando avanti e indietro e cerco di continuare spingendomi coi
piedi. Al secondo tentativo mi aggrappo alla parete. Mi alzo 2-3 metri e
strillo alla mia compagna: “sto bene”, “non ho niente”, “stai tranquilla”. Gli
dico di assicurarmi che salgo fino alla sosta che ho saltato non tanto prima.
La raggiungo e mi autoassicuro subito. Ora comincio a sentire un po’ male. Mi
sanguina un po’ la mano destra e mi fa male il polso. Anche il gomito sinistro
ha preso una botta. Le gambe mi fanno abbastanza male e, solo ora, vedo il
sangue che, da vari punti, mi cola sulle gambe. Guardo da dove sono caduto e
sotto dove sono arrivato. Che fortuna. Sarò volato almeno 60 metri e sono ancora
qui… Ma ora devo pensare a Chicca. Chissà cos’avrà passato lei.
Pensieri di Chicca:
“E’ veramente uno spettacolo vedere "Il
maestro" progredire sull'immensa parete. Si muove con delicatezza sulla
roccia friabile sopra al diedrino, qualche metro sopra la mia testa, mentre lo
assicuro alla sosta. Poi si sposta e mi consiglia dove dovrò andare quando sarà
il mio turno. Prosegue e mi dice che finalmente la roccia è bella, le difficoltà
ormai sono superate; se proseguiamo con questo ritmo saremo in cima prima del
previsto.
Ermanno è ben appoggiato sui piedi, allunga la mano
destra sulla cengia, ma, come estraesse un coniglio dal cappello del mago,
salta via un grosso sasso, le sue mani non sono più sulla parete. "Non può
cadere, è ben appoggiato sui piedi" mi dico, e invece in un niente vola
all'indietro ed è già al livello della sosta dove mi trovo. Penso velocemente
che non riesco a recuperare corda, devo solo tenere le mani strette strette
sotto al secchiello. Non completo neppure questo pensiero che mi ritrovo tirata
in fuori, a testa in giù. Allora stiamo cadendo entrambi... moriremo. Invece si
ferma tutto con un colpo secco della corda che mi fissa alla sosta, una botta
sul casco e un'altra alla schiena. Sono praticamente sdraiata sulla schiena,
sottosopra, sulla roccia verticale sotto alla sosta e, fortunatamente, la
piastrina si è bloccata tra il mio fianco sinistro e la parete; le corde hanno
fatto attrito contro il cosciale dell'imbrago... e con i pantaloni... così ora
non scorrono più. Il volo di Ermanno è finito. Ma ho paura a chiamarlo... mi
sento solissima, impreparata, incapace.
"Chiccaaaaa!" è lui. Che sollievo
infinito, non so ancora come sta, ma la sua voce è fantastica, sembra che non
si sia fatto niente: è lui che rassicura me! Mi dice cosa fare per recuperarlo
mentre arrampica nuovamente.
Alla sosta sotto a quella dove mi trovo, Ermanno
propone di non continuare la salita, e ammette che qualche graffio se l'è
fatto.
Voglio raggiungerlo al più presto, sono preoccupata
che abbia qualcosa di serio visto che minimizza sempre.
Così sto attentissima alle istruzioni che mi dà per
calarmi in doppia da lui.
Lo abbraccio. E' un po' acciaccato e sanguinante,
ma è vivo! Sono felice, incredula e, per una volta, mi sento davvero fortunata.
Scendiamo in doppia fino alla base della parete. E’ sempre Ermanno a
pensare a tutto. Una volta giù propongo di chiamare l'elicottero, ma lui
niente: testardo come un mulo, oltre che con più vite di un gatto! Forse è
perché non è troppo professionale, per una Grande guida alpina, essere soccorso
in braghette rosa”!
No, forse sarebbe il caso di farlo ma pensare che venga l’elicottero per
me… no. In qualche modo potrò scendere e andare in ospedale. Se lo chiamassi
poi inizierebbero le televisioni, i giornali, i giornalisti… No, sono vivo e mi
posso arrangiare. Verso le 14 siamo in ospedale…
Questo è quanto mi è successo. Venerdì sorso mi hanno tolto i punti e ora sto abbastanza bene e ho già ripreso ad arrampicare.
8 commenti:
Hermann sono felice che tu stia bene. ah! spirito indomito, non riesci proprio a vivere più tranquillamente?
Meglio 100 giorni da leone che uno da fifone...
Complimenti, per come è andata, per il racconto, per l'umanità che trasmetti. Complimenti per tutto.
Rendi ancora più umano un personaggio (tu) che per me equivale ad una vera e propria "leggenda vivente". Grazie.
Forse tua moglie preferirebbe un fifone vivo che un leone morto, ci hai mai pensato?
Caro Ermanno, adesso che io e mio figlio più piccolo, nove anni, abbiamo scoperto il suo sito, non può farci questi scherzi! Abbia cura di lei e dei suoi cari. Un abbraccio.
A volte, quando ci ripenso mi vengono un po' i "trividi". Devo ringraziare Chicca però, che mi ha tenuto. Quanto prima ritorneremo...
Scusa l'ignoranza, ma come mai un'volo di 60 metri? Di solito le assicurazioni non sono più ravvicinate? Hai acceso un cero alla madonna? :) Stavolta se lo merita...
Beh... che aggiungere se non le parole del grande Emilio Comici
"Così è fatto l'animo dell'alpinista: più tempo passa lontano dai monti più lo punge il desiderio di ritornarvi, e con maggiore nostalgia rievoca le emozioni di certi momenti grandiosi vissuti sulla parete, conquistando palmo a palmo il terreno, vivendo sempre nell'incertezza delle ulteriori difficoltà d'affrontare.
Bello e intenso è il vivere, quando, legati ad una corda, aggrappati ad un appiglio, appesi ad un chiodo, si combatte la battaglia con il monte.
Bello e intenso è il vivere, e le più belle ore di vita sono appunto quelle in cui essa è in pericolo: solo allora ne misuriamo il giusto valore.
Si dirà che queste parole suonano assurde. No. Al contrario. Così s'impara a vivere, si rafforza lo spirito ed il corpo, e con la stessa tranquillità con la quale si esamina la parete da scalare, si affronteranno poi tutti i disagi della vita.
Dunque la nostra lotta non è un assurdo, non è un rischio inutile: è un'alta scuola, che tempra il carattere dell'uomo."
Emilio Comici da "Alpinismo Eroico"
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