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Il mio diario... o meglio, ciò che mi passerà per la testa di scrivere delle mie giornate, di quello che faccio. Non so quanto diario sarà, nel senso che sicuramente non lo farò tutti i giorni. Cercherò di essere il meno ripetitivo possibile, anche se mi sarà difficile perché più o meno faccio sempre le stesse cose. Vivo in un mondo tutto mio. Potrei dire che la mia vita trascorre nel mondo delle fiabe. Grazie e siate positive/i...
Che bella giornata anche oggi ed in piu' c'era anche il sole. Pero' nel pomeriggio due gocce le ha fatte. Pero' qui da noi siamo nella valle delle lacrime ed allora... Una bella corsa stamattina e poi ho rasato l'erba attorno a casa. Poi la pulizia dell'orto e del bosco. Il tutto fatto col sole, invece di arrivare a sera fradicio per la pioggia. Volevo andare in palestra ma mi sono perso con la motosega ed allora niente appigli finti. Sono anche stato un bel po' con Ugo che ora qualche piccolo voletto lo fa anche da solo. Quando ero nell'orto continuava a gracchiare e pensavo fosse perché voleva uscire. Non era così. Voleva che gli dessi da mangiare. Ed ogni bocconcino che mangia fa un piccolo versetto che non capisco se vuol dire ancora o grazie. Forse tutti e due.
Oreste, detto Trenta, e’ di Giustino e da giovane lavorava alla cava di felspato Maffei. Erano tempi duri quelli. Il suo secondo lavoro era il portatore. Portava viveri e materiale ai rifugi come il XII Apostoli, il Segantini e la Lobbia Alta. Era il 1949, quando, Oreste (Trenta) e Pimpi (Olimpio Olivieri, Tavela), anche lui di Giustino, salirono alla Madonnina per incontrare il fratello di Pimpi che era salito con un cavallo per portare la stufa. Non c’erano elicotteri e nemmeno la teleferica e quella stufa doveva arrivare al XII Apostoli. A portare a spalle la stufa erano rimasti Pimpi ed Oreste. Era proprio “un pezzo da 90” la stufa. Pesava infatti 90 chili. Ricordo ancora quando Oreste, a fatica, mi raccontava quella giornata. Ricordo i suoi occhi felici nel rivivere quel ricordo. Le mie domande cercavano di provare un po’ di quella fatica. Ma non ci riuscivo. Era per me inimmaginabile. Inizialmente non capivo come si poteva portare tanto peso in due. Cercavo d’immaginarmi loro, uno davanti ed uno dietro. Oreste mi sorrise. E sempre in dialetto mi disse che non era possibile procedere in quel modo. La stufa la portavano a vicenda. Il piano superiore sulla schiena e con le mani arrappati al ferro attorno alla stufa di ghisa. Un po’ Oreste, un po’ Pimpi. Rimasi senza parole. Mi si secco’ la bocca. A volte, quando mi trovo in Patagonia a camminare con lo zaino pesante, ripenso all’Oreste e cerco di far finta di niente… Passo’ del tempo ed un giorno parlai con Pimpi e dopo un buon bicchier di vino andai sull’argomento stufa. Mi piacque la sua spontaneita’ nel dirmi che la stufa, quel “pezzo da 90”, la porto’ Oreste per quasi tutto il cammino. La cosa piu’ dura non era tanto il camminare ma il momento della sosta quando la si doveva appoggiare a terra e molto di piu’ al momento di appoggiarla sulla schiena ed alzarsi in piedi. Pero’ ad Oreste piaceva questo lavoro. Mai l’ho sentito dire “Che fatiche facevano noi una volta…”. Tanto grande quell'uomo anche se piu’ basso di me.
Sono molto giu' oggi. Ho ricevuto una mail molto triste dal mio Amico Daniele Chiappa "Ciapin". Il Ciapin e' stato uno dei 4 Ragni di Lecco arrivato in vetta al Torre dalla parete ovest nel 1974. Aveva 22 anni allora. Siamo diventati amici da quando anche lui e' entrato nella polemica del Cerro Torre '59. Sei anni fa ha perso la moglie, otto mesi fa gli hanno tolto un rene e due mesi or sono anche un pezzo di polmone. Un paio di settimane si e' stato male in autostrada ma e' riuscito a fermarsi ed un motociclista l'ha soccorso e poi l'ambulanza l'ha portato d'urgenza in ospedale. L'ho sentito poco fa ed abbiamo pianto. Povero Ciapin. Mi ha detto che lui non molla ed ora continua a fare la chemioterapia. Mi ha detto che la corda a cui siamo legati ora e' molto sottile ma sembra che tenga. Ciao Daniele, tieni duro, tu lo sai fare.